ROCK HARD PLUS! – a partire dal 27 luglio in edicola lo “Speciale Motörhead” e in allegato il libro “I 100 Migliori Dischi Stoner Heavy Psych”
Facendo seguito allo straordinario successo degli Speciali dedicati a Black Sabbath, Iron Maiden, Metallica e Led Zeppelin, torna Rock Hard Plus!
A partire dal prossimo 27 luglio, il nuovo speciale di Rock Hard vi propone, allo straordinario prezzo all-inclusive di Euro 19,90:
- Speciale Motörhead – 100 pagine di interviste, recensioni, concerti, reperti storici e tante curiosità sulla fondamentale band di Lemmy Kilmister, nello stesso formato della nostra rivista madre!
- I 100 Migliori Stoner Heavy Psych – un libro di 212 pagine su tutte le evoluzioni del Rock del Deserto, con tutti i dischi storici, alcuni titoli dimenticati e moltissime chicche per appassionati!
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Per presentare al meglio questa importante iniziativa, riportiamo qui di seguito le copertine, l’editoriale e la prefazione, opera dell’autore Stefano Cerati:
Quarant’anni di storia nel rock e nel metal dei Motörhead andavano onorati anche da noi con un racconto esaustivo di tutti i loro album e delle intricate vicende delle loro tante formazioni, da quella embrionale con Larry Wallis e Lucas Fox a quella considerata classica che dura dal 1976 al 1982 con Lemmy assieme a “Fast” Eddie Clarke e Phil “Philthy Animal” Taylor fino ad arrivare a quella più duratura con Mikkey Dee e Phil Campbell, dal 1995 fino alla fine nel 2015. Per ricordare la band e il suo leader e fondatore Lemmy non avrei potuto usare migliori parole di quelle che scrissi all’indomani della sua morte, letteralmente, e che voglio riproporre.
“Quando ho avuto la notizia della morte di Lemmy, la mattina del 29 dicembre, ho voluto subito scrivere qualcosa di getto perché le emozioni prevalessero sulla ragione, perché il suo ricordo fosse vivo e immediato. Ho scoperto Lemmy con i Motörhead quando uscirono Aces Of Spades, Overkill e il live No Sleep ‘Til Hammersmith, che mi hanno allegramente devastato le orecchie per i primi anni di università. Da allora ho preso tutti i dischi dei Motörhead e li ho seguiti in concerto innumerevoli volte. Col tempo ho scoperto anche gli Hawkwind e mi sono appassionato pure a loro e infine, andando ancora più a ritroso, ho trovato l’album di psichedelia indiana fatto coi Sam Gopal. Ma oltre alla musica amavo Lemmy per quello che era. Innanzitutto era un Capricorno, come me, e in lui riconoscevo tratti del mio stesso carattere: testardaggine, indipendenza, tenacia, ma soprattutto il voler fare le cose a modo proprio. Il più grande insegnamento che ci ha lasciato Lemmy è stato questo: non piegarti mai agli altri, alle mode, alle critiche. Credi fino in fondo in te stesso, vai per la tua strada e fai ciò che ti rende felice. Per tutti noi metallari Lemmy era il simbolo dell’outsider che ce l’ha fatta.
Se negli anni Settanta e Ottanta ci attaccavano tutti perché eravamo brutti, sporchi e cattivi, Lemmy era il nostro fratello maggiore che mostrava la strada da seguire. Si vestiva come un pirata, come un fuorilegge, si faceva di tutto, beveva quantità incalcolabili di alcol e aveva donne bellissime ai suoi piedi. Per un teenager com’ero io negli anni Settanta lui era il dio del rock’n’roll, quello che ce l’aveva fatta contro tutti, seguendo la sua strada, una strada che non avrebbe mai abbandonato. Lemmy era uno della strada, era uno di noi, uno che mostrava che le subculture giovanili punk e metal, snobbate dai media e dai benpensanti, avevano un valore. Avevano la forza del numero e proponevano una vita differente, una scala di ideali nuovi, alternativa a quelli della morale comune.
Forse molti pensano che Lemmy fosse una persona limitata. In realtà aveva interessi molto forti e definiti, gli piaceva la Storia, leggere libri, collezionare cimeli di guerra, gli piacevano molte forme diverse del rock – il rock’n’roll, il punk, il rockabilly, la psichedelia e il metal – anche se non ha mai amato che i Motörhead fossero definiti heavy metal. Per lui erano solo rock’n’roll e l’ha ripetuto all’inizio di ogni concerto, ‘We’re Motörhead and we play rock’n’roll’, dalla prima volta che li ho visti nel 1981, fino alla fine. Semplice e diretto, come era Lemmy, che anche nelle interviste non amava i giri di parole né le domande stupide e superficiali. Ho avuto il piacere di conoscerlo e intervistarlo di persona tre volte. Ne conservo il ricordo di una persona fiera, gentile, conscia del proprio ruolo, sicura di sé. Curiosamente a Lemmy è legato anche un ricordo che ha cementato l’amicizia con il mio socio Maurizio De Paola. Il 27 febbraio 1997 eravamo entrambi fuori dal Rainbow Club insieme a tanti altri e aspettavamo di intervistarlo. Abbiamo atteso buona parte del pomeriggio, poi il manager fece capolino e ci disse che Lemmy non poteva parlare con la stampa perché era impegnato a giocare alle macchinette. Un idolo, a suo modo. A quel punto, a me e Maurizio, non rimase che andare a mangiare a casa mia, visto che fortunatamente al tempo abitavo di fronte al Rainbow, in attesa del concerto previsto per la sera.
Lemmy ha voluto vivere fino alla fine così come è vissuto per tutta la vita, con la coerenza che l’ha sempre contraddistinto al pari delle sue camicie nere, i jeans stretti, il cappellaccio da pirata e gli immancabili stivaletti bianchi, i baffoni e lo sguardo torvo. Lui ha creato uno stile, lo stile Lemmy, con i porri che non si è mai fatto togliere e la paura che i suoi Motörhead potessero essere dimenticati. Vai tranquillo, vecchio guerriero, i Motörhead vivranno sempre nelle orecchie e nei cuori di quanti li hanno amati. La tua musica ha abbattuto le barriere del tempo e la si ascolta con gioia, è sempre attuale, anche dopo quarant’anni, e sempre così sarà. Non credo che Lemmy credesse ad inferno e paradiso, ma sicuramente avrebbe scelto il primo per stare più al caldo e rinfrescarsi con l’immancabile Jack e Coca-Cola. Lemmy ci mancherai, ma sarai sempre con noi”.
Un ringraziamento particolare va a Simone Volponi che si è sobbarcato con entusiasmo e competenza una grande mole di lavoro per questo speciale.
Buona lettura!