MEGADETH + GAME OVER – Alcatraz, Milano, 17.06.24: il nostro live report
MEGADETH + GAME OVER
Alcatraz, Milano,
17.06.24
Parole di Davide Sciaky
Foto di Paolo Manzi
A meno di un anno dall’ultimo concerto dei Megadeth, lo scorso agosto all’AMA Music Festival, la leggendaria band di Dave Mustaine torna a deliziare i fan italiani all’Alcatraz di Milano.
Da sempre amatissimi nel nostro Paese, i ‘deth inevitabilmente fanno soldout già diversi giorni prima del concerto e arrivando in sala troviamo già tantissimi in attesa sottopalco.
Ad aprire il concerto ci sono gli italiani Game Over che già qualche anno fa avevano condiviso il palco con gli headliner, più precisamente al Rock The Castle 2018. Volto noto agli amanti del genere, per poco più di mezz’ora i ragazzi non lesinano mazzate suonando sette brani tiratissimi che scaldano a dovere il pubblico. Il Thrash Metal dei Game Over non è nulla di originale, sia chiaro, ma probabilmente non è neanche loro intenzione cambiare i canoni di questa musica: quello che vogliono fare è suonare musica che diverta scatenando un pogo frenetico, e questo è esattamente quello che vediamo questa sera all’Alcatraz.
Dopo la prima esibizione il pubblico ha tempo di riprendere fiato fino a che, con qualche minuto di ritardo, i Megadeth raggiungono il palco nell’entusiasmo generale. Il palco è più essenziale rispetto a quello a cui ci avevano abituati gli scorsi anni: dove c’erano schermi con luci e animazioni quest’anno troviamo solo un backdrop con l’immancabile mascotte, Vic Rattlehead, e il logo della band.
Ad aprire il concerto ci pensa la title-track dell’ultimo album, “The Sick, the Dying… and the Dead!”, che a quasi due anni dalla pubblicazione è ormai ben nota ai fan, e viene quindi accolta bene nonostante sia un pezzo recente. Parte poi una sequenza di grandi classici che sarà un po’ il tema della serata, iniziando con il tris di “Wake Up Dead”, “In My Darkest Hour” e “Hangar 18”.
Teemu Mäntysaari, veterano dei Wintersun e da poco in forze nei Megadeth, convince immediatamente con la sua grande abilità alle sei corde. Se non era semplice tenere testa a Kiko Loureiro, ma anche alla sfilza di eccellenti chitarristi che lo hanno preceduto, il finlandese non sembra avere difficoltà a conquistare il pubblico e a conquistare brani sicuramente complessi. Il suo ingresso nella band sembra aver spinto il “caro leader” Mustaine a svecchiare finalmente la setlist.
Da tanti anni i concerti della band presentano una scaletta molto simile con pochissime variazioni, ed è quindi molto apprezzato vedere come questa sera la band non lesini con le chicche, oltre che con la durata. Se negli ultimi concerti in Italia la band si era fermata a 14 brani (e solo 11 nel 2020, ma con il frontman appena guarito da un cancro alla gola glie lo si può certo perdonare), questa sera i fan potranno ascoltare ben 19 canzoni. E non canzoni scontate, bensì gemme come “Hook In Mouth” – che secondo Setlist.FM non veniva suonata in Italia dal 1990 -, “This Was My Life” e “Poison Was the Cure”, tra le altre, che rendono il concerto davvero speciale. Dave Mustaine parla poco tra una canzone e l’altra e lascia parlare la musica, con l’effetto di rendere il concerto un concentrato di mazzate, figurate e non (per chi si trova nel pogo o nelle primissime file), non indifferente. Una delle poche eccezioni è quando presenta un altro brano dell’ultimo disco, “We’ll Be Back”, raccontando di come durante le cure per il cancro si sia fatto forza pensando ai suoi fan e a come volesse tornare a suonare per loro, di come il suo mantra fosse “We’ll Be Back”, “Torneremo”. Ovviamente il pubblico esplode in un applauso forse anche un po’ commosso.
In chiusura troviamo il tris di classici che non possono mai mancare ad un concerto dei Megadeth, “Symphony of Destruction”, “Peace Sells” e, dopo una breve pausa, “Holy Wars… The Punishment Due”. Come abbiamo già scritto il concerto è stato un ritorno alla forma per la band, tra setlist notevolmente più lunga degli ultimi anni, la scelta di canzoni finalmente più variegata, e una band che non sembra avere alcuna intenzione di rallentare. Certo, Mustaine si è furbamente circondato di musicisti più giovani che male non fa, ma 62 anni lo stesso frontman non mostra segno di cedimento. In un genere basato completamente sulla velocità e aggressione sonora non è scontato, eppure ancora una volta i Megadeth ci hanno dimostrato perché sono ancora oggi tra le band più rilevanti del Thrash Metal.