HELLFEST 2024 – il nostro live report!
Parole e foto di Davide Sciaky
Nel 2024 l’Hellfest arriva alla sua edizione numero 17 con la consapevolezza di essere uno dei più grandi festival interamente dedicati al Metal e al Rock al mondo, forse proprio il più grande.
Con più di 150 band distribuite su 6 palchi è impossibile non far contenti tutti i presenti, decine di migliaia di persone (per un totale di 240.000 spettatori per i quattro giorni di festival) accorse da letteralmente tutto il mondo.
Se nel post pandemia il festival ne aveva approfittato per aggiungere una giornata, prima durava tre giorni, e lo scorso anno ha visto lo spostamento di un palco per far spazio ad una colossale area merch, quest’anno non abbiamo trovato sostanziali cambiamenti rispetto a quanto visto lo scorso anno.
Troviamo come sempre una grande organizzazione da ogni punto di vista, dai braccialetti su cui caricare soldi per comprare da bere e mangiare, alla gran varietà di cibo offerto, alle imponenti strutture che decorano l’area festival. Insomma, ancora una volta Clisson diventa la Mecca del Metal per tutti i fortunati presenti.
Con tante band la difficoltà più grande è sempre scegliere chi vedere, essendoci molte coincidenze tra i vari palchi. Iniziamo quindi scegliendo il Main Stage 1 dove aprono le danze gli Asinhell, nuova band (il primo concerto è stato meno di un mese prima) di Michael Poulsen dei Volbeat, che qui si dedica ad un Death Metal grezzo e brutale. Nulla di originale, ma se si sceglie di suonare “old school” non lo si fa certo per cercare nuove sonorità, e il concerto intrattiene piacevolmente i presenti.
Sempre sullo stesso palco troviamo più tardi gli Slaughter to Prevail, gruppo che si è fatto conoscere rapidamente per i loro concerti pieni di energia. Già prima del festival avevano annunciato che avrebbero tentato di creare “il più grande wall of death della storia” e dopo alcune canzoni iniziano il tentativo, che è simpatico e riesce davvero a creare un wall of death spaventoso, peccato che per farlo il cantante Alex Terrible perde dieci minuti buoni (su appena 40 di concerto) per incalzare il pubblico.
Il pubblico è già bello caldo quando arriva Kerry King con la sua nuova band, tutti volti notissimi agli amanti del genere, e non solo, che spaccano tutto per quasi un’ora in cui suonano tante canzoni nuove, ma anche tre classici degli Slayer su cui ovviamente il pubblico va in delirio.
Cambia nettamente il passo con le Babymetal che, nonostante siano spesso criticate per la loro musica che unisce Metal e il mondo giapponese degli “Idol”, raccolgono veramente tanti fan che cantano e ballano insieme alle tre cantanti/ballerine. Sicuramente ci sarà anche chi le conosce meno, o semplici curiosi, ma tanti dimostrano di conoscere approfonditamente la discografia delle giapponesi.
Si torna poi sui classici con i Megadeth: li avevamo visti a Milano per un concerto strepitoso, e all’Hellfest bissano con un concerto più breve per motivi di posizionamento nel bill, ma non per questo meno potente. Con l’inserimento in scaletta di ben due canzoni dal primo album (spesso dimenticato, negli ultimi anni), Rattlehead e Mechanix, il massacro è assicurato.
Headliner della prima giornata sono poi gli Avenged Sevenfold, gruppo che già nel 2018 era stato headliner, e che avrebbe dovuto fare lo stesso nel 2022, prima di cancellare il tour intero. Il loro concerto si concentra molto sull’acclamatissimo ultimo album, “Life is But a Dream…”, senza dimenticare alcuni classici del passato. Il pubblico è scatenatissimo e la band ripaga l’entusiasmo con uno show di grande qualità.
La nostra seconda giornata inizia con i While She Sleeps, gruppo che abbiamo visto più volte al festival francese sul Warzone, il palco dedicato a Punk e affini, ma quest’anno sono stati “promossi” al Main Stage. D’altronde ogni loro show è sempre stato accolto col più grande entusiasmo, e quest’anno non fa eccezioni. Botte da orbi nel pit, concerto da emozioni forti.
Vediamo poi i Fear Factory che, dopo aver apprezzato notevolmente al debutto italiano della nuova formazione, vediamo oggi per la prima volta su un palco più grande con il nuovo cantante Milo Silvestro. Se su un palco più piccolo ci aveva convinto, Milo non ha alcuna esitazione su un palco enorme come quello del festival francese e, con alle spalle un’esibizione micidiale di tutta la band, anche qui il loro è un concertone.
Non possiamo perdere gli Steel Panther, sempre divertentissimi, anche se un po’ logorroici… una battuta dopo l’altra sono un po’ sprecate per il pubblico francese che non mastica troppo l’inglese. La musica comunque è un piacevole revival degli anni ‘80, e non può mancare il solito momento in cui vengono invitate ragazze sul palco a ballare, che non esitano a spogliarsi per stare in tema con i testi della band di Los Angeles.
Arriva quindi Tom Morello che suona una goduriosa scaletta che include momenti da tutta la sua carriera, anche se le canzoni più apprezzate sono prevedibilmente quelle dei Rage Against the Machine. Uno dei momenti più alti però è Like A Stone che in studio include una delle performance vocali più straordinarie di Chris Cornell.
Headliner di questa giornata sono i Machine Head che avevano già suonato in questa posizione nel 2009, quando però il festival era più piccolo. Col passare degli anni il festival è cresciuto, ma evidentemente anche la band che si è conquistata nuovamente il ruolo di headliner. La band di Robb Flynn è sempre una certezza, e tra fuoco e canzoni spaccaossa il concerto è un altro trionfo anche se, almeno dalla nostra posizione, ci è sembrato che l’entusiasmo del pubblico fosse minore rispetto a quello del headliner del giorno prima.
Per concludere la giornata ci spostiamo sul Warzone dove Ice-T e i suoi Body Count regalano una performance massacrante, pura violenza hardcore che non lascia nessuno indifferente. Anche dopo una giornata intensa di concerti, i presenti pogano come se non sapessero fare altro.
La terza giornata di festival vede la presenza dei “nostri” Rhapsody of Fire che infiammano il main stage con la loro epicità. Il tempo a disposizione non è molto, ma vengono suonati tanti ottimi brani che sembrano venire apprezzati dai presenti. Simpatico il siparietto in cui il cantante Giacomo Voli ha chiamato un giovane fan sul pubblico e gli ha fatto sventolare una spada durante l’esecuzione di Emerald Sword.
Ci spostiamo verso il Valley per il concerto dei Brutus, interessantissimo gruppo belga che si è fatto notare negli ultimi anni per la sua proposta originale, anche grazie alla particolarità della cantante che suona la batteria. Il pubblico accorso è numerosissimo, tanto che si fa fatica a muoversi davanti al palco, una bella soddisfazione per i tre ragazzi che pur suonando in pieno pomeriggio attirano più fan di altre band che suoneranno più tardi. Il concerto, inutile dirlo, è l’ennesima conferma del loro valore.
Torniamo sui palchi principali per vedere Yngwie Malmsteen, leggenda delle sei corde che tra shred e assoli fulminanti delizia gli amanti del genere (mentre chi non ama il genere presumibilmente sarà andato verso altri palchi, la musica dello svedese è un classico caso di “o la ami o la odi”). Peccato per la mancanza di Black Star, una canzone che andrebbe insegnata nelle scuole.
Tocca quindi agli Extreme che regalano ai fan una bella esibizione con tanti brani del classico Pornograffiti e, grazie al palco “snakepit” installato oggi per i Metallica, i musicisti corrono su e giù per il lungo palco dando ancora più dinamismo di quanto siamo abituati vedere ai loro concerti.
Incuriositi dalla posizione così alta nella bill, andiamo a vedere i Mass Hysteria, gruppo francese che in patria ha un grandissimo successo, all’estero notevolmente di meno. La musica è un Alternative Metal a tinte Rap, sicuramente suonato bene ma non ci sembra così degno di nota. Il pubblico però va in visibilio.
Sul palco accanto vediamo poi Bruce Dickinson che, per chi non lo sapesse, tra i le sue mille abilità ha anche quella di sapere il francese, e quindi si rivolge ai presenti in questa lingua. Durante il concerto comincia a piovere ma né i fan, né tantomeno la band si fanno scoraggiare e lo show è un altro successo, ma d’altronde parliamo di uno dei più grandi cantanti della storia del genere, non abbiamo mai avuto alcun dubbio.
Tocca poi al piatto forte della serata, i Metallica, che iniziano con un massacrante poker di classici, prima di passare a suonare brani dell’ultimo disco, che ottengono notevolmente meno entusiasmo rispetto alle prime. Avendoli già visti nella recente data italiana ci rendiamo conto che, purtroppo, la data italiana non è stata un caso isolato e la band suona stanca e meno energica di quanto ci piacerebbe.
Verso metà concerto ci allontaniamo per andare a vedere il concerto di Julie Christmas sul Valley, questo invece concerto tra i più intensi visti al festival. La band della cantante americana include Johannes Persson dei Cult of Luna, che compare sull’ultimo disco della Christmas, oltre che ovviamente sull’album collaborativo dei Cult of Luna e della cantante, Mariner. La scaletta include quasi l’intero nuovo album, Ridiculous And Full Of Blood, insieme a qualche brano dell’album precedente e della vecchia band della cantante, i Battle of Mice. Anche se il pubblico non è numerosissimo, gli headliner hanno colonizzato la serata, i presenti vengono ricompensati con un concerto di grandissima qualità, che si conclude con Julie Christmas visibilmente commossa che scende dal palco per abbracciare chi è tra le prime file.
Arrivati all’ultimo giorno la stanchezza non è poca, ma un programma ancora ricco di gruppi interessanti ci sprona ancora una volta a correre da un palco all’altro. Tra le prime band della giornata troviamo gli High On Fire sul Main Stage. Un peccato vedere un gruppo di qualità come questo relegato a uno dei primi slot mattutini, e tra la stanchezza dell’ultimo giorno e l’orario, il pubblico non è nutrito come meriterebbero. Forse sarebbe stato più appropriato vederli sul Valley, sicuramente ad un orario diverso. La performance del trio è comunque di buona qualità e i presenti non possono che godersela.
Nel pomeriggio assistiamo invece sul secondo Main Stage ad un concerto veramente grandioso da parte di Frank Carter & The Rattlesnakes, con il frontman che non esita a lanciarsi tra il pubblico per cantare, o addirittura incita i presenti a formare un circle pit intorno a lui.
Sullo stesso palco arriverà poco dopo Corey Taylor che, senza la maschera o il “peso” della produzione degli Slipknot, sembra divertirsi non poco a giudicare dal sorriso stampato in faccia. Sicuramente questo è vero anche per i fan che pogano scatenati, in particolare su brani come Duality e Snuff degli Slipknot, ma anche le canzoni dei suoi album solisti sembrano venire apprezzate non poco.
Tocca ora ai Queens of the Stone Age e con il progredire della giornata anche gli slot diventano più lunghi. Con quasi un’ora e mezza a disposizione, gli americani hanno tempo di suonare una nutrita setlist di 15 brani che rappresenta un po’ tutta la discografia. Il pubblico va in visibilio sulle canzoni vecchie, ma anche quelle nuove rendono decisamente bene dal vivo, e infatti vengono apprezzate da tutti.
A concludere il festival ci pensano i Foo Fighters al loro debutto al Hellfest. Quando era stato annunciato il loro nome qualcuno aveva alzato il sopracciglio, i Foo non sono la classica band che si vede come headliner dell’evento francese, ma gli americani ci hanno messo poco a togliere ogni dubbio. Senza nessuna intro spettacolare Dave Grohl arriva sul palco correndo, corre avanti e indietro prima di prendere il microfono e cacciare un urlo, “Siete pronti?,” e parte con la prima canzone. Pochi fronzoli e tanta sostanza, tanto spirito Punk per un concerto che siamo sicuri abbia convinto anche gli scettici. Non mancano le ballad come My Hero e Learn to Fly, ma forse più focus del solito è stato messo sulle canzoni più dure, e tra una Monkey Wrench e una Everlong le ultime due ore di festival volano in un attimo.
Giunti alla conclusione rimangono solo i fuochi d’artificio, tradizione del Hellfest che quest’anno per qualche motivo non ha avuto luogo. Tanti sono rimasti davanti al palco per vari minuti prima di arrendersi con un po’ di delusione, e anche noi siamo rimasti stupiti da questo apparente cambio di programma. A parte questa piccola nota negativa sul finale, arriviamo alla fine di questi quattro giorni intensissimi stanchi, certo, ma decisamente contenti per aver visto tanti concerti di ottima qualità, nel contesto di un’organizzazione perfetta che ha impreziosito l’esperienza: anche nel 2024 l’Hellfest si è confermato uno dei festival migliori al mondo nell’ambito Rock e Metal.