FESTIVAL LEYENDAS DEL ROCK – il nostro live report dell’edizione 2024
Festival Leyendas del Rock
Villena (Alicante)
07, 08, 09, 10 agosto 2024
Testo: Cesare Macchi
Foto: José Sanchez Rico
Davvero calda questa diciassettesima edizione del festival e non solo per le temperature infernali delle quattro giornate, ma anche per la partecipazione del pubblico (circa 13.000 presenze giornaliere) e per il successo, in alcuni casi insospettato, di alcuni gruppi.
Grande varietà musicale con più di 60 gruppi in rappresentanza di praticamente tutti o quasi i generi pesanti: heavy classico, hard rock, thrash, black, power, folk. Quest’anno poi, più del solito, anche parecchio metal core, particolarmente apprezzato dalle nuove leve, un po’ meno dal pubblico “old school”. E probabilmente è proprio questa tendenza al sound moderno e alla commistione di generi anche non canonicamente metal (significativo lo strepitoso successo ottenuto dagli Electric Callboy) l’elemento caratterizzante di questa edizione.
L’apertura del festival rimane comunque nella tradizione con gli italo-tedeschi ALL FOR METAL.
Accompagnati da due ballerine che lasciano ben poco all’immigrazione, risultano divertenti, potenti e pacchiani quanto basta.
Look e attitudine molto in stile Manowar propongono in anteprima il pezzo “Gods Of Metal” che la dice tutta sulle le loro influenze e intenzioni.
I tedeschi THE NEW ROSES, già visti in azione l’anno scorso sul palco secondario, si dimostrano una piacevole e solida conferma trascinando, questa volta, il pubblico del main stage.
Hard Rock sanguigno davvero ben suonato da una solida band con un frontman, Timmy Rough, assolutamente all’altezza.
Grinta, melodia e un tiro davvero eccezionali. Ottimo show impreziosito da una coinvolgente cover di Rockin’ in the Free World di Neil Young.
KISSIN’ DYNAMITE strepitosi. Hanno raggiunto la piena maturità sia in studio che dal vivo e mostrano una totale padronanza della scena.
Johannes Braun, deus ex machina della band è un frontman di pura razza, simpatico, coinvolgente e carismatico. Scherza e scambia battute con il pubblico in uno spagnolo raffazzonato ma divertente.
Tanti i classici suonati più qualche perla del nuovissimo album come “My Monster” e “The Devil is a Woman”.
E’ buio quando “Post God Nirvana” introduce i BEHEMOTH.
Seminascosto da un enorme telo bianco, si vede la sagoma di Nergal entrare in scena in stile Nosferatu. Buon inizio.
Show teatrale e d’impatto, con il carismatico Nergal a calamitare l’attenzione del pubblico da dietro il suo satanico altarino. Fuochi spettacolari e luci, che rendono palpabile l’atmosfera oscura e inquietante.
AMON AMARTH potenti e massicci come sempre.
Bella la scenografia (trasportata all’interno di un mega tour bus customizzato) e spettacolari gli effetti pirotecnici che, oltre a tenere in massima allerta la piccola squadra di pompieri a bordo palco, rischia di cremare il pubblico delle prime file.
Già headliner del festival nel 2017 hanno un grandissimo seguito e riempiono la audience all’inverosimile.
Johan Hegg è padrone indiscusso del palco e della situazione: voce ruggente, suoni impeccabili, chitarre mastodontiche e setlist che non tralascia praticamente nessuno dei loro cavalli di battaglia.
Tra tanto metal “tradizionale”, mi sento di accomunare tre band che, nonostante le perplessità (per non dire l’ostilità) del pubblico più intransigente, hanno spaccato.
Mi riferisco agli statunitensi BORN OF OSIRIS e ai britannici BURY TOMORROW e WHILE SHE SLEEPS.
Tutte e tre le band hanno dimostrato che il metalcore piace, soprattutto alle nuove generazioni e piace tanto. I più pesanti, partecipati e polverosi circle pit si sono visti durante le loro esibizioni. Un successo di tale portata mi fa pensare che il metalcore sarà sempre più presente nelle edizioni a venire.
Sperando che l’idea dell’ologramma venga archiviata definitivamente assistiamo ad uno show di altissimo livello dei DIO DISCIPLES.
Le voci di Joey Belladonna e di Oni Logan, che si alternano al microfono, non hanno molto a che vedere con l’inimitabile “originale” ed é probabilmente un bene perché danno un tocco molto personale a ogni pezzo.
Setlist stellare che vede il meglio della discografia solista di Dio (“Holy Diver”, “We Rock”), di quella dei Rainbow (“Long Live Rock’n’Roll”, “Stargazer”…) e di quella dei Sabbath (“Mob Rules”, “Heaven and Hell”…).
Doveroso citare anche il resto della all-star band che vede Simon Wright alla batteria, Scott Warren alle tastiere, Ira Black alla chitarra e Bjorn Englen al basso. Emozionante.
Una doppietta di voci femminili caratterizza i due show successivi.
La voce limpida e cristallina di Jennifer Haben dei sinfonici BEYOND THE BLACK e quella decisamente più aggressiva di Tatiana Shmailyuk, dei più pesanti ucraini JINJER, che alterna voce pulita a un growl feroce.
Generi diversi tra loro che dal vivo rendono alla grande.
SONATA ARCTICA in ottima forma. Accaldati e un po’ provati fisicamente per le temperature esagerate di questi giorni, ma tosti e motivati.
Kakko sopra tutti. La voce è pulita, precisa e potente e Il suo modo di comunicare empatico riesce a trasmettere emozioni tangibili.
Molto valida e apprezzata dal pubblico, la scaletta che affianca pezzi più recenti a grandi classici rispolverati come “Replica”, “Don’t say a Word” e la sempre emozionante “Full Moon”. Band dal vivo non sempre costante che alterna ottime esibizioni a prove a volte scialbe: questa volta non delude e dà vita a uno dei migliori show della giornata.
La prima grande, anzi, enorme sorpresa, arriva con gli ELECTRIC CALLBOY.
Esistono già gruppi che integrano melodie e strutture in stile disco con suoni e arrangiamenti metal (Beast in Black sopra tutti) ma in questo caso, a mio modestissimo avviso, mi sembra che il confine tra un genere e l’altro sia abbondantemente superato.
Si sentono anche chitarre distorte ma la basi e i suoni techno sono assolutamente preponderanti e non nego di avere avuto l’impressione di trovarmi per sbaglio in un rave party piuttosto che a un festival di musica metal.
Probabilmente mi sbaglio io (e sono pronto a ricredermi) perché la stragrande maggioranza del pubblico è andata in delirio e i comenti sono stati per la stragrande maggioranza entusiastici.
Traumatico il passaggio dalla techno, festaiola e allegra degli EC al black dei mitici DIMMU BORGIR.
Cambio di atmosfera che però molti apprezzano. Un tetro e gigantesco castello in rovina troneggia nello schermo alle spalle di Shagrat, Silenoz e Galder rendendo ancor più cupa l’atmosfera.
Lingue di fuoco illuminano di tanto in tanto il palco, creando una scenografia altamente suggestiva.
La setlist ripercorre praticamente l’intera trentennale carriera: partendo dal brano di apertura “Raabjørn speiler draugheimens skodde”, proseguono con i classici del passato più o meno recente (Stormblåst, Mourning Palace, Council of Wolves and Snakes…).
Gli HAMATOM si sono resi protagonisti di un concerto apoteosico. Tra i principali attori della nuova scena metal moderna tedesca, hanno coinvolto il pubblico dando vita ad una no show dal fortissimo impatto emotivo.
Coinvolgimento totale anche per il fatto che esattamente un anno fa, sullo stesso palco del Leyendas apprendevano della grave e improvvisa malattia del bassista, deceduto nel giro di un paio di giorni.
E l’organizzazione del Leyendas, sempre attenta ai sentimenti, non ha mancato di far trovare nel camerino della band un omaggio alla sua memoria.
Nonostante sia ormai passata l’una di notte, il pubblico, incitato dal cantante Thorsten “Nord” Scharf, che si esprime in uno spagnolo più che decente, salta, canta e accompagna il gruppo senza sosta. Spettacolo potente ed emozionante.
Breve ma interessante lo show dei veterani TAROT, gruppo che credo ben pochi abbiano avuto il piacere di vedere dal vivo.
Band formata negli anni 80 da Marco Hietala (ex Nightwish) voce e basso, accompagnato alla chitarra dal fratello Zachary.
Avremo il piacere di rivedere Hietala la sera stessa ospite d’onore dello show della sua “ex collega” Tarja.
BLIND GUARDIAN come sempre perfetti. Talmente potenti e precisi che suonano praticamente come il disco.
Belle le immagini che si alternano sul megaschermo alle loro spalle anche se (loro pecca da sempre), mancano di una scenografia che, viste le loro tematiche, renderebbe i loro show ancor più epici e memorabili.
Setlist da paura con tutto il meglio del meglio della loro discografia, da “Imaginations From the Other Side” alla recente “Blood of the Elves”, passando per “Mirror Mirror”, “The Bard’s Song – In the Forest”…
Come detto all’inizio, perfetti.
La recentissima defezione del bassista non inficia l’esibizione degli EQUILIBRIUM che risulteranno tra i migliori in assoluto del festival.
Ottimo il nuovo cantante Fabian Getto, dalla presenza sicuramente meno imponente del truce Robse ma dalla voce e dalla personalità notevoli.
Crey e Berthiaume durante l’intro e l’outro ripongono le chitarre per accompagnare con grandi percussioni. Pogo sfrenato e circle pit scatenato durante le bestiali “Rise Again” e Blut im Auge”. Grande band.
Sarà perché le isole Fær Øer hanno quel certo fascino vikingo di terra lontana, ma i TYR riescono sempre ad attirare l’attenzione e la curiosità dei più.
Le loro sonorità dissonanti sono quasi ipnotiche e li rendono unici, Promossi a pieni voti dal numerosissimo pubblico innaffiato con getti d’acqua, da pietosi addetti alla sicurezza.
Eroici i nostri WINDROSE che con quasi 40 gradi di temperatura, si presentano sul palco bardati e impellicciati.
Francesco Cavalieri indossa pure un’armatura, e nonostante ciò non perde un colpo: incita la folla che canta e salta senza tregua.
Show energetico e divertentissimo che il pubblico spagnolo attendeva da tempo e che ha dimostrato di gradire particolarmente.
STRATOVARIUS precisi, impeccabili e professionali come sempre.
La voce di Kotipelto si mantiene sempre bene e la band, stabile ormai da più di 10 anni, si trova a occhi chiusi.
Tra i tanti capolavori, cito soltanto “Paradise” e la conclusiva “Hunting High and Low” che ha mandato il pubblico in visibilio.
Il bello di questo festival è la possibilità di vedere gruppi che dalle nostre parti non sono mai venuti e che difficilmente passeranno.
Mi riferisco ad esempio agli storici argentini RATA BLANCA, attivi dalla metà degli anni 80. Più che evidenti sono le influenze di Blackmore e Malmsteen nel suono della band così come nella tecnica chitarristica di Walter Giardino.
Adrian Barilari, seppur non proprio di primo pelo, conserva una voce potente, pulita e cristallina e un’attitudine live veramente invidiabile. Setlist azzeccatissima che attinge in particolar modo da album classici come “El Reino Olvidado” e “Magos, Espadas y Rosas”.
Ultimi headliner a chiusura del festival gli ALESTORM amatissimi da queste parti.
Con le loro immancabili gigantesche papere gonfiabili sul palco e canotti-unicorno a surfare sul pubblico hanno dato vita ad uno show divertentissimo.
Numerose le esibizioni degne di nota sul palco secondario denominato New Rock tra cui spiccano quelle dei folk rock-metaller LANDEVIR, con un buon album da poco dato alle stampe, degli americani UNTO OTHERS, originalissimi e con grande groove, quella seguitissima dei finlandesi KALMAH e quella suggestiva quanto inquietante degli EIHWAR duo sui generis che suona un vicking metal elettronico difficile da definire. Apprezzata e molto seguita l’iniziativa dei concerti acustici nella piazza centrale del paese di Villena che quest’anno ha visto protagonisti (sotto un sole che chi non c’era non può capire…) Tete Novoa, Celtian e Saurom.
Quattro giorni sudati e goduti appieno per un festival che si consolida e si allarga anno dopo anno.
A dimostrazione di ciò il fatto che tutti i duemila abbonamenti messi in vendita a prezzo promozionale sono andati esauriti in meno di mezza giornata.
Per la XVIII edizione del festival, che si terrà sempre a Villena dal 06 al 09 agosto 2025, già confermati: POWERWOLF, BEAST IN BLACK, FEUERSCHWANZ, FIT FOR A KING, DARTAGNAN, ROBSE, THROWN, THE COST, CHARLOTTE WESSELS.