DYNAMO METALFEST, 20 & 21 agosto 2022, Ijssportcentrum, Eindhoven, Olanda – il nostro live report!
DYNAMO METALFEST
20 – 21 agosto 2022
(Ijssportcentrum, Eindhoven – Olanda)
Parole di Igor Belotti
Chi già seguiva la nostra musica preferita negli anni ’90, non potrà non ricordare con una certa nostalgia (specialmente se ha avuto la fortuna di parteciparci) l’olandese Dynamo Open Air festival. Memorabili le edizioni tenutesi nella seconda metà degli anni ’90, quando il festival era al suo apice (nel 1995 parteciparono addirittura 118.000 spettatori, obbligando le autorità olandesi ad imporre un tetto massimo di 60.000 per le edizioni successive, al fine di non gravare eccessivamente sulle infrastrutture locali). Ben prima che il Wacken Open Air si imponesse come il festival heavy metal più importante e più grande d’Europa, era il Dynamo a farla da padrone. Il festival olandese era una vetrina fondamentale per tutte le band dell’area metal e dintorni dell’epoca, con una varietà e una ricchezza nella selezione di artisti che oggi può vantare solo il francese Hellfest, con quasi un decennio in anticipo sulla nascita di quest’ultimo. Nonostante avesse tipicamente una line-up molto variegata, in grado di passare dal power metal allo stoner rock, passando per l’hardcore punk e il black metal, la selezione degli artisti aveva (soprattutto verso la metà di quel decennio) un’impronta decisamente alternativa, che rispecchiava pienamente gli altrettanto alternativi anni ’90. Un particolare occhio di riguardo avevano poi le band del roster della Roadrunner (Fear Factory, Biohazard, Machine Head, Life of Agony, Type of Negative e Coal Chamber per citare alcuni dei nomi che hanno partecipato al festival). La casa discografica, olandese come il Dynamo, proprio in quel periodo si stava affermando come colosso discografico indipendente nel mondo metal. Il festival nacque nel 1986 per celebrare il quinto anniversario del Dynamo rock club ad Eindhoven. Leggendarie le esibizioni in questo storico locale di Satan e Mercyful Fate nel 1983 e quelle del 1985 di Slayer ed Exodus (tutte reperibili su YouTube, benché quella dei Satan solo in versione audio). Il festival crescerà poi costantemente per tutti gli anni ’80 e ’90 fino al già citato picco di affluenze del 1995. A tutt’oggi l’edizione di quell’anno del festival rimane il più grande festival di più giornate mai tenutosi in Olanda. Le limitazioni imposte al festival provocheranno il problema costante per gli organizzatori di trovare una location adeguata, che porterà al rapido declino e morte del Dynamo. L’ultima edizione in formato “mega festival” sarà quella del 2000 benché ridotta ad un giorno solo, con Korn, Slipknot e gli headliner Iron Maiden. Il festival proseguirà ad intermittenza in una versione molto minore tra il 2002 e il 2005 e verrà resuscitato prima come Dynamo Outdoor nel 2008 dalla gestione del centro giovanile con sede al locale omonimo (che ancora esiste) e dal 2015 in poi come Dynamo Metalfest. La versione odierna del festival è molto lontana nelle dimensioni e nei numeri del Dynamo Open Air all’apice delle sue popolarità, si tratta infatti di un festival di medie dimensioni di due giornate che si tiene nell’arena esterna del centro polisportivo Ijssportcentrum nella periferia di Eindhoven. Lodevole però l’intenzione da parte degli organizzatori di voler coniugare la tradizione e l’importante storia del festival con quello che la scena metal mondiale oggi ha da offrire. Testament, Candlemass, Armored Saint, Exodus, Death Angel, Sacred Reich e Metal Church sono infatti alcune delle realtà che hanno fatto la storia del festival, e che vantano esibizioni nelle edizioni del Dynamo Open Air “originale” degli anni ‘80 e ’90, e che si sono esibite anche nelle edizioni più recenti dell’odierno Dynamo Metalfest.
A causa della trasferta in macchina da Amsterdam ad Eindhoven, non è stato possibile presenziare alle prime band in programma per la giornata di sabato, e sono quindi gli storici thrasher DEATH ANGEL la prima band di questa prima esperienza del festival olandese. La band californiana vanta apparizioni al festival nel 1990, 2002 e 2015, senza contare quelle del 1992 e del 1994 come The Organinzation, di fatto i Death Angel senza il cantante Mark Osegueda. La band è quindi un’ultra veterana del palco olandese e si è esibita la sera precedente nello storico locale omonimo, per una performance esclusiva, proponendo una setlist completamente diversa da quella in programma per la giornata successiva. Lo show del festival si apre con l’intro strumentale The Ultra-Violence tratta dall’omonimo debutto del 1987 seguita da Mistress of Pain, tratta dallo stesso album. La formazione della band di oggi è molto diversa da quella della band che si è esibita per la prima volta sul palco del festival. Solo il cantante Mark Osegueda e il chitarrista Rob Cavestany rimangono della formazione originale. Doveroso aggiungere però che i membri più “nuovi” della band sono in formazione dal 2001 (Ted Aguillar) e dal 2009 (la sezione ritmica composta da Damien Sisson e Will Carrol), e quindi poi così “nuovi” non sono. La band è quindi ormai più che rodata e questa formazione ha raggiunto il traguardo di ormai ben 4 album, tutti di qualità, iniziando con l’ormai classico Relentless Retribution del 2010, fino all’ancora relativamente recente Humanicide del 2020. Le esibizioni della band californiana rispecchiano in maniera chiara il fatto che la fase odierna della band è un’entità che vive di luce propria, e non vive solo nel riflesso della gloria passata dei leggendari anni ’80. Gli estratti dagli album successivi al ritorno sulle scene, ossia da The Art of Dying del 2004, sono abbondanti e nessuno di questi viene trascurato. La band guidata da Mark Osegueda e da Rob Cavestany ha dimostrato negli anni recenti di saper essere fenomenale in sede live, anche se, per quanto precisi e compatti pure nel contesto di un festival all’aperto, è però nei club che le esibizioni della band sembrano raggiungere i picchi di intensità di cui è capace. Il concerto del Dynamo Metalfest, al pari dell’ottimo Humanicide, il loro disco più recente, non fa che confermare quanto di buono la band ha saputo costruire in 40 anni di carriera.
Se non fosse per l’esibizione dei Candlemass subito di quella prima dei Testament, una buona parte di questa giornata d’apertura del Dynamo Metalfest sarebbe di fatto un pezzo del The Bay Strikes Back tour, che vede protagonisti Death Angel, Exodus e Testament. Per chi non lo sapesse, si tratta di un tour autocelebrativo con protagoniste queste band, tutte e tre accomunate dal genere musicale (il thrash metal) e dalla provenienza geografica (la Bay Area di San Francisco). La parte europea del tour risale al 2020 e fu completata appena prima dell’inizio della pandemia. Dopo uno stop forzato di due anni per ovvi motivi, il tour in questione è in svolgimento proprio ora negli Stati Uniti. Esattamente come i compagni del The Bay Strikes tour, anche gli EXODUS sono dei veterani del festival, vantando un’esibizione da headliner al Dynamo Open Air nel 1988, oltre all’apparizione del 1997 con un rientrante Paul Balloff alla voce e al Dynamo Metalfest nel 2017. Il chitarrista Lee Altus (Heathen), in formazione ormai dal 2005, non ha potuto partecipare a questo tour post pandemia a causa di motivi famigliari non divulgati, che non gli hanno permesso di poter lasciare gli Stati Uniti. Lo sostituisce egregiamente per l’occasione Brandon Ellis dei The Black Dahlia Murder. La scaletta del concerto, che è la stessa vista in altri festival europei questa estate, è fortemente incentrata sia sull’ultimo Persona Non Grata, pubblicato lo scorso anno, quanto sul classicissimo Bonded by Blood del 1985. Guidati come sempre dal capitano Gary Holt, finalmente libero di concentrarsi solamente sulla sua band ora che gli Slayer sono stati messi (definitivamente?) in naftalina, e dal consumato frontman Steve ‘Zetro” Souza, gli Exodus non deludono nemmeno in questa sede. Il nuovo ferocissimo Persona Non Grata ce li ha riconsegnati in buona forma, sebbene a distanza di ben sette anni dal pur buono Blood In Blood Out del 2014. Quello che è cambiato da allora è lo stato di salute del batterista e fondatore Tom Hunting, alle prese lo scorso anno con un cancro allo stomaco, scoperto proprio durante le registrazioni del nuovo album. Benché sopravvissuto alla malattia, quest’ultima ha avuto però conseguenze importanti su quest’ultimo, essendogli stato asportato completamente lo stomaco. Un misto di apprensione e curiosità accompagna quindi la prestazione di quest’ultimo, relativamente al suo stato di salute e alla sua capacità di eseguire le sue parti di batteria, decisamente impegnative. La prestazione di questa sera, così come quella delle altre date di questo tour estivo, sgombrerà fortunatamente il campo ad ogni dubbio.
Lo show dei CANDLEMASS previsto per questo Dynamo Metalfest 2022 è la celebrazione del trentacinquesimo anniversario del classico Nightfall del 1987, che questa sera viene eseguito per intero. Una scelta per certi versi un po’ curiosa visto che il ruolo di cantante è tornato inaspettatamente nel 2018 a Johan Längqvist, la voce del primo ineguagliabile esordio Epicus Doomicus Metallicus del 1986. D’altronde, colui che cantò su Nightfall, ossia Messiah Marcolin, voce dei Candlemass per 4 dischi e il loro frontman più riconoscibile, appartiene alla storia passata della band e non c’è alcun segnale che faccia pensare al fatto che possa tornare a farne parte. La band vanta un’esibizione al Dynamo Open Air nel 1988 e una al Dynamo club l’anno precedente, entrambe con Marcolin alla voce, ma a differenza delle band citate finora, il concerto di questa sera è il primo che la band tiene sul palco del festival olandese nella sua versione odierna. Lo show della band svedese inizia in prima serata con l’apertura di The Well of Souls. I Candlemass non sono nuovi a questo tipo di show celebrativi, in cui viene eseguito un loro disco storico dall’inizio alla fine, esperimento già visto in passato con Ancient Dreams del 1988, eseguito nel 2013 con Mats Levén alla voce, e anche Epicus Doomicus Metallicus è stato eseguito dal vivo per intero in passato, proprio con Johan Längqvist. Dopo anni di assenza dalle esibizioni dal vivo, il bassista e principale compositore Leif Edling (ora dotato di lunghissimi capelli grigi) sembra essere tornato ad esibirsi in pianta stabile con la sua band, sostituito per anni da Per Wiberg (già tastierista di Spiritual Beggars e Opeth) e occasionalmente da Jörgen Sandström (ex-Entombed). Lo show prosegue fino al crepuscolo e quando giunge alla sua conclusione con Solitude, brano apertura del già citato Epicus Doomicus Metallicus, quando le tenebre sono calate completamente, creando la giusta atmosfera per la musica della band.
Non capita molto spesso di vedere i TESTAMENT nelle vesti di headliner di un festival estivo, ma non potrebbe esserci occasione più calzante di questo Dynamo Metalfest. La band della Bay Area vanta infatti un rapporto speciale con il festival, fin dalla loro prima esibizione del1987 e la pubblicazione dell’EP dal vivo Live at Eindhoven dello stesso anno, registrato proprio a quell’edizione del festival olandese. Ricordiamo inoltre le apparizioni del 1997 e del 2000, oltre a quella più recente del 2017 al Dynamo Metalfest. A rendere ancora più speciale questa occasione è la presenza di un rientrante Dave Lombardo alla batteria, a più di vent’anni dalla collaborazione originale con la band della Bay Area. Lo storico batterista degli Slayer partecipò infatti alla composizione e alla registrazione di The Gathering, pubblicato nel 1999 e ancora oggi uno degli album di spicco nella discografia della band americana. È proprio questa l’introduzione che il cantante Chuck Billy riserva al batterista, con tutti i riflettori puntati su quest’ultimo, prima che la band si lanci nell’esecuzione della sempre straordinaria DNR (Do Not Resuscitated), estratta proprio da quell’album e proposta a metà scaletta. Della partita, ci ricorda Chuck, era anche Steve DiGiorgio, che si unì al gruppo proprio per le registrazioni di quell’album e che dal 2014 è rientrato nei ranghi della band. A differenza di Lombardo, che si limitò a suonare solo in alcune date dopo la registrazione di The Gathering, DiGiorgio partecipò a tutte le date del tour relativo a quel disco, inclusa l’apparizione al Dynamo Open Air del 2000, e rimase nella band fino al 2004. La band questa sera dà davvero il massimo, visto la grande occasione, nonostante l’età ormai non giochi più a favore dei membri della band (Chuck Billy ha recentemente passato il traguardo delle 60 candeline). In una scaletta assolutamente in linea con quella già proposta in altri festival estivi, e stupisce l’esclusione della (quasi sempre) onnipresente Over the Wall. Una spiegazione plausibile potrebbe essere quella che il brano in questione verrà proposto nella giornata successiva dal progetto all star Bay Area Interthrasional (di cui vi racconteremo più avanti) e quindi escluso dai Testament come “cortesia” nei confronti degli amici/colleghi.
Gli svedesi LIK (che significa cadavere nella loro lingua madre) sono una band death metal di Stoccolma formata dal 2014 e che ha già all’attivo 3 album, di cui gli ultimi due usciti per l’americana Metal Blade. Guidati da Tomas Åkvik, voce e chitarra del gruppo (recentemente diventato anche chitarrista dei Bloodbath), la formazione di Stoccolma sembra avere diversi punti di contatto con quest’ultimi. Innanzitutto, sembrano condividere esattamente la stessa missione, ossia quella di proporre il death metal quanto più old school possibile. I Bloodbath sono un progetto nato da una costola dei Katatonia, con questo intento esatto. Proprio con i Katatonia i Lik condividono il bassista Niklas Sandin, il bassista dei Katatonia dal 2010 ad oggi, che però non è presente a questo concerto. Anche lo stesso Tomas Åkvik ha suonato con la band come chitarrista live tra il 2014 e il 2016. Trio in studio, i Lik sono espansi a quartetto in sede live, e le coordinate musicali sono esattamente quelle di illustri concittadini come Entombed e Dismember. La band guidata da Åkvik è un condensato di quanto di buono il death metal svedese ci ha proposto dai primi anni Novanta ad oggi, dove l’ossatura del suono si rifà appunto ad Entombed e Dismember, ma trovano spazio anche, abilmente inserite, anche aperture a tratti più melodiche alla Dissection ed At The Gates. Pur rifacendosi a dei modelli assolutamente definiti, Åkvik e soci si rivelano abili interpreti e non delle sterili copie. Assolutamente convincenti su disco, la proposta musicale dei Lik non si traduce però con la massima efficacia in una esibizione in tarda mattinata, comunque dignitosa, come quella del Dynamo Metalfest, con un’esecuzione competente, ma allo stesso tempo un po’ manieristica.
Sorprende la presenza un po’ bassa in scaletta per i CANNIBAL CORPSE, che con due milioni di album venduti sono la band death metal più di successo di sempre. Guidati come sempre dal bassista di Alex Webster e dall’ironico frontman George “Corpsegrinder” Fisher, che scherza e prende in giro pubblico nell’introduzione tra un pezzo e l’altro. La band americana oggi ha a disposizione solo cinquanta minuti per l’esibizione, e in versione un po’ concentrata, solo otto pezzi, gli americani ci propongono esattamente quanti ci hanno abituato in questi anni: death metal brutale con le intricate parti di basso di Alex Webster, il collo e l’headbanging a mulinello di Corpsegrinder, i blast beat di Paul Mazurkiewicz e canzoni dai titoli come Fucked with a Knife e I Cum Blood. La formula della band rimane di successo quanto invariata. L’unico elemento di novità è rappresentato dall’inserimento di Erik Rutan (Hate Eternal ed ex-Morbid Angel), che suona nella band dal 2018 come sostituto di Pat O’Brien, e ora eletto a membro ufficiale del gruppo. Speriamo che O’Brian non se la passi troppo male dopo i fattacci che lo hanno visto protagonista nel 2018 (vi rimandiamo alla cronaca del periodo se non sapete di quale episodio il chitarrista si è reso protagonista) e chi fatto gli è costato il ruolo di chitarrista della band.
Inutile girarci attorno, la curiosità attorno al progetto BAY AREA INTERTHRASHIONAL è forte e vale da sola la presenza a questa seconda giornata del festival. Il progetto nasce da un’idea degli organizzatori del Dynamo Metalfest di celebrare una delle scene musicali più leggendarie, vibranti e influenti che l’heavy metal abbia mai partorito, ossia la scena thrash metal della Bay Area di San Francisco. L’idea è stata proposta a Craig Locicero, parte di quella scena in quanto chitarrista e motore trainante dei Forbidden, che si è assunto l’incarico di portare avanti questo progetto celebrativo, a tutti gli effetti di una cover band thrash metal con una formazione all star. Nonostante l’idea nasca nel 2019 e il suo svolgimento originale fosse previsto per il 2020, la pandemia ha imposto uno stop prolungato a tutte le attività dal vivo e la realizzazione di questo progetto è stata rimandata fino a questa edizione 2022 del festival. L’idea di base è quella di proporre classici del thrash metal con una formazione “girevole” di nomi più o meno noti della scena. Lo show è di fatto la celebrazione in sede live del libro fotografico Murder in the Front Row di Harald Oimoen e Brian Lew, dal quale è stato tratto anche un eccellente film documentario omonimo. La formazione “di base” della band è composta da Locicero alla chitarra, Mark Hernandez alla batteria e Matt Camacho al basso, tutti ex-Forbidden, a cui si alterneranno numerosi altri musicisti. Lo show è dedicato, proprio come il libro e il documentario, alla memoria di Cliff Burton, Paul Baloff, Debbie Abono e Wez Robinson. Per chi non lo sapesse, Debbie Abono fu la manager di Possessed, Forbidden, Vio-lence e altri gruppi di spicco della scena, mentre Wez Robinson era il proprietario del leggendario locale Ruthie’s Inn di Berkley, fondamentale per l’evoluzione della scena musicale celebrata in questo concerto. Lo show si apre con l’assolo di basso di Cliff Burton Anesthesia (Pulling teeh), suonata nell’impianto del festival, e dopo la quale la band attacca con Metal Militia dei Metallica. Il cantante di una buona fetta dello show sarà Katon W. Depena degli Hirax, leggenda del metal americano più old school e underground, mentre ad accompagnare Locicero alla chitarra ci sarà per la maggior parte dei pezzi Mike De Leon degli Illegals di Phil Anselmo. Per Exodus Attack, eseguita seconda in scaletta, Camacho cederà il posto al basso a proprio a Harald Oimoen, coautore del già citato libro fotografico Murder in the Front Row, e per anni bassista dei DRI. Camacho e Oimoen si alterneranno nel ruolo di bassista per tutto il concerto. Quando non impegnato al basso, quest’ultimo si aggirerà arringando la folla e scattando fotografie ai lati del palco. Quando viene il momento di Over The Wall dei Testament, DePena cede il microfono a Kayla Dixon, voce dei Dress the Dead, il gruppo più recente di Craig Locicero, e dotata di una presenza scenica davvero degna di nota. Per Voracious Souls dei Death Angel farà la sua comparsa l’ospite a sorpresa Phil Demmel, chitarrista dei Vio-lence ed ex-Machine Head. È Craig Locicero ad avere giustamente il ruolo di cerimoniere e presentare i vari musicisti che parteciperanno all’evento. Locicero ci tiene a precisare che lo show non sarà perfetto, visto il susseguirsi di così tanti musicisti che non hanno necessariamente avuto occasione di provare insieme a lungo, ma la perfezione non è mai stato l’obbiettivo principale del thrash metal, quanto il coinvolgimento e l’intensità. Per l’esecuzione del classico di Metallica e Megadeth The Mechanix il nuovo ospite sarà Josh Christian dei Toxik, mentre per Calling in the Coroner dei Vio-lence il posto di batterista verrà occupato da Will Carrol dei Death Angel. La regola di questa Bay Area Interthrasional è che nessun musicista può suonare pezzi della propria band di appartenenza, quindi Locicero e Camacho dovranno lasciare il palco per Off the Edge, quest’ultimo sostituito da John Campbell dei Lamb of God. Will Carrol prenderà quindi posto al microfono per Die By the Sword degli Slayer, lasciando la posizione di batterista nientemeno che a Chris Kontos, già batterista di Attitude Adjustment, Verbal Abuse e dei Machine Head dell’esordio di Burn My Eyes (oltre alle brevi parentesi con Death Angel e Testament). Per Metal Command degli Exodus, Phil Demmel torna a prendere il palco, succeduto da Rob Cavestany e Mark Osegueda dei Death Angel, rispettivamente alla chitarra e alla voce, per No Remorse dei Metallica. Gli ultimi pezzi di questo set saranno tutti all’insegna dei Metallica, con un Randy Blythe come ospite speciale per una versione da ricordare di Fight Fire with Fire. Tutti i chitarristi che hanno partecipato a questo concerto speciale prendono poi parte il gran finale di Creeping Death: Mike De Leon, Josh Christian, Rob Cavestany, Phil Demmel e Craig Locicero saranno tutto presenti contemporaneamente per un attacco a cinque (!) chitarre. La versione del classico dei Metallica, eseguita con Mark Osegueda alla voce, chiude questo concerto speciale, che verrà replicato il 29 ottobre alla Great American Hall di San Francisco.
Dopo la partecipazione del cantante Randy Blythe e del bassista John Campbell al progetto Bay Area Interthrasional, è il momento dei LAMB OF GOD, la loro band madre, di salire sul palco del Dynamo Metalfest. La band americana ormai è da anni una realtà consolidatissima nel panorama metal internazionale e solitamente si esibisce in posizioni più alte nella scaletta dei festival europei, se non addirittura come headliner, in festival anche numericamente più importanti di questo Dynamo Metalfest, come per esempio il Bloodstock Open Air, tenutosi una settimana prima in Inghilterra. Nonostante la lunghissima militanza dei fratelli Adler nella band, Willie e Chris, nessuno dei due è presente in questa serie di date europee. Chris, batterista della band, non si esibisce con la band dal 2018 ed è stato ufficialmente sostituito da Art Cruz nel 2019, di fatto estromesso dalla band per cause mai divulgate. Suo fratello Willie invece fa ancora parte della band, ma non ha potuto partecipare a questa serie di date di festival europei. Sebbene non sia mai stato confermato, pare che il motivo sia che Adler abbia scelto di non vaccinarsi contro il Covid-19 e quindi sia ancora soggetto a restrizioni nei paesi che ancora lo richiedono. Lo sostituisce per l’occasione Phil Demmel dei Vio-lence ed ex Machine Head, che da quando ha lasciato questi ultimi, non si è certo tirato indietro quando si presenta l’occasione di ricoprire il ruolo di sostituto di lusso. Ricordiamo infatti quando fu chiamato dagli Slayer per sostituire Gary Holt in alcune date a causa della morte del padre di quest’ultimo, e più recentemente come sostituto di Dave Linsk temporaneo per un concerto degli Overkill. L’inserimento di Demmel appare quanto mai azzeccato visto il curriculum di quest’ultimo. Quest’ultimo appare così naturalmente a suo aggio con il resto della band e il suo repertorio, che se mai i Lamb of God dovessero ritrovarsi nella posizione di dover sostituire permanentemente Willie Adler (cosa tra l’altro smentita recentissimamente), Demmel sarebbe certamente il primo ad essere preso in considerazione per ricoprirne il ruolo. Nonostante l’elemento di novità rappresentato dal Demmel, lo show dei Lamb of God è assolutamente in linea con quello che questi ci hanno abituato in questi ultimi anni e con la stessa produzione utilizzata negli ultimi anni.
Le tenebre sono finalmente calate per l’esecuzione degli headliner KREATOR, la cui carriera, lunga ormai 40 anni, sembra proseguire inarrestabile. Accompagnati da una produzione di tutti rispetto, con un pianto luci completo e una scenografia che vede dei figuri non chiari (forse dei guerrieri?) impalati da delle lance ai lati del palco, la band guidata da Mille Petrozza apre con Violent Revolution, brano dell’omonimo disco del 2001. Proprio con quel disco i tedeschi di Essen tornavano al thrash metal dopo l’esperimento goth non troppo riuscito di Endorama. Il disco riuscì a ristabilire una credibilità thrash metal alla band, genere con il quale i nostri riuscivano coniugare, abilmente e senza eccedere, una sensibilità melodica presa in prestito dalle band scandinave. Quel disco, il primo con Sami Yli-Sirniö in formazione, stabiliva le coordinate musicali che hanno segnato la traiettoria musicale della band di Essen da allora fino ad oggi. Il disco più recente della band, Hate Über Alles, è la prima uscita discografica con il nuovo bassista Frédéric Leclercq (ex-Dragonforce!), che ha sostituito nel 2019 Christian Giesler, dopo ben 25 anni di militanza nella band di quest’ultimo, e sulla cui separazione e le sue cause è stato mantenuto il massimo riserbo. Musicista competente e di talento, dalle capacità musicali e compositive indubbiamente superiori a quelle del più old school Giesler, Leclercq sembra adattarsi molto bene anche alla svolta più commerciale che la band sembra aver intrapreso con gli ultimi (deludenti) dischi. Non particolarmente convincente la scelta degli ultimi anni di suonare solo pezzi dei dischi successivi a Violent Revolution, ignorando così classici del thrash metal tedesco ed europeo di fine anni ’80 e inizio anni ‘90 come Coma of Souls ed Extreme Aggression. Scelte discutibili a parte, la band è composta da professionisti consumati e sa come imbastire uno spettacolo con la giusta competenza, la band infatti suona bene e sa come coinvolgere il pubblico. L’unica vera incursione nella discografia anni ’80 della band avviene solo alla fine del concerto, con le conclusive Flag of Hate, dall’omonimo EP del 1986, e Pleasure to Kill dall’omonimo disco dello stesso anno, che verrà per sempre ricordato come uno dei dischi thrash metal più violenti di sempre. I giorni della furia di quel disco sono un ricordo lontanissimo mentre osserviamo la band in azione in questo festival. Bisognerà farsene una ragione, i Kreator di oggi sono una realtà in grado di far presa su diverse fasce del pubblico metal odierno, e l’andamento più che positivo della loro carriera degli ultimi anni non sembra che dargli ragione.