DUSTY HILL – il ritmo dell’eternità
Un omaggio breve per Dusty Hill, il suo basso roboante e i suoi compari ZZ TOP
Parole di Antonino Blesi
Spesso la perfezione di un sound rock equivale alla semplicità più assoluta. Solo batteria, basso, chitarra e due voci. ZZ Top: Tre uomini, amici e musicisti che suonano insieme dal 1969 e lo hanno fatto fino ad oggi, anno domini 2021. Un suono ripetuto e “pieno”, un giro di Do in blues portato all’ennesima potenza ma anche festaiolo e ballabile. Basterebbe vedere un video live di Gimme All Your Lovin’, datato 2016, in cui si assiste ad una vera lezione di groove, in cui ogni strumento musicale completa l’altro, e tre sole persone suonano con la compattezza di trenta. E la presenza scenica così rustica e accattivante, senza in realtà che Billy Gibbons, Dusty Hill e Frank Beard facciano, apparentemente, qualcosa di speciale. Ma non riusciamo a staccare gli occhi da questo spettacolo che continua ad essere uguale e a ripetersi, anno dopo anno, rinnovandosi nello spirito e nella “verità” che i nostri sudisti barbuti trasmettono, sempre e comunque, canzone dopo canzone. È una ricetta che è destinata a rimanere eterna e a non cambiare mai, ma non riesce ad annoiare. Ed ognuno di loro è indispensabile ma il gruppo è più importante del singolo.
Ed ecco che infatti il buon Dusty Hill, bassista di cui poco si è sempre parlato, ora viene ricordato e rimpianto da fans e colleghi. Lui stesso ha deciso che l’astronave ZZ Top doveva continuare a viaggiare, e che un altro membro della famiglia avrebbe preso il suo posto. Tocca al tecnico della chitarra Elwood Francis continuare la tradizione portava avanti dall’amico Dusty, per 52 anni. Una idea romantica di rock che ci piace tanto, con un pizzico di cinismo nel constatare che davvero, lo spettacolo deve andare avanti. E così, L’attuale tour battezzato A Celebration With ZZ Top, continuerà, e quelle canzoni risuoneranno ancora rimbombando in arene e sale concerto, oggi come ieri.
Tuttavia, vogliamo ricordare ancora una volta Dusty Hill. Bassista raffinato che adorava Jack Bruce dei Cream ed i jazzisti Stanley Clarke e Charles Mingus, che nel tempo ha deciso di semplificare le sue partiture di basso, arrivando a dare la priorità alla composizione rispetto alla complessità: “Quando mi dicono che il basso non emerge oppure non ti accorgi che ci sia, per me è un complimento. Significa che hai riempito tutti i vuoti giusti per quella canzone, e non stai esagerando distinguendoti dove non hai bisogno di esserci“. È quel tono di basso che dona quel volume immenso di suono, che permette alla chitarra di Billy Gibbons di librarsi con pindarici voli solistici, completandosi alla perfezione. Come diceva lo stesso Hill del suo sound: “Grande, pesante, un po’ distorto, del tutto sovrapposto alla chitarra”.
Quindi ora torniamo ad ascoltarlo, e lasciamo che sia la musica a parlare: