GENOVA SUMMER LIVE – Carcass + Infected Rain + Sadist + Fulci + more; Arena del Mare, Genova, 06.07.2024: il nostro live report

GENOVA SUMMER LIVE – Carcass + Infected Rain + Sadist + Fulci + more; Arena del Mare, Genova, 06.07.2024: il nostro live report

GENOVA SUMMER LIVE
Carcass + Infected Rain + Sadist + Fulci + Node + Necroart + Sluggore
Arena del Mare, Genova, 06.07.2024

Parole di Emanuele Biani
Foto di Michela Marchi

A Genova non succede mai niente. Questo è il ritornello che qualunque appassionato di rock e metal cresciuto nel capoluogo ligure impara fin dall’adolescenza. Ed è lo stesso mantra contro il quale si è coraggiosamente schierato Trevor dei Sadist, qui presente nella doppia veste di musicista e organizzatore, quando si è trattato di organizzare un festival metal di respiro e caratura internazionale all’ombra della Lanterna.

Una scommessa che si può ritenere vinta e meritevole di una seconda chance l’anno prossimo, alla luce degli oltre mille partecipanti che hanno affollato l’Arena del Mare nonostante la concomitanza di altri grandi eventi come gli I-Days di Milano e il Metal Park in provincia di Vicenza.

Certo, anche le manifestazioni di successo possono sempre migliorare, e nella fattispecie ci permettiamo di segnalare tempi di attesa un po’ troppo lunghi presso gli stand gastronomici e le casse d’ingresso, motivo quest’ultimo per cui ci troviamo costretti a perdere l’esibizione degli opener Sluggore.

Ce ne scusiamo con gli interessati e passiamo senza indugio ai Necroart, autori di un death/doom melodico che sfocia spesso e volentieri nel gothic metal, ma che, proprio per la sua natura ritualistica e sulfurea, sembra più adatto all’atmosfera intima e fumosa di un piccolo club, che non alle presenti circostanze. Il cantante Massimo Finotello tiene bene il palco e i musicisti alle sue spalle non sbagliano un colpo, tuttavia l’impressione è che lo show venga penalizzato da una certa staticità, sia in termini di presenza scenica, sia soprattutto in relazione a una proposta artistica che poco o nulla concede al coinvolgimento.

Diametralmente opposta l’esibizione dei Node, freschi di un nuovo album davvero convincente come Canto VII e forti di una formazione già ben affiatata, nonostante i numerosi avvicendamenti che hanno segnato un po’ tutta la carriera del gruppo milanese. In questo contesto, il perno centrale del death/thrash/industrial suonato dal quintetto rimane l’inossidabile bassista Gary D’Eramo, indemoniato (a dispetto dell’outfit parrocchiale) e ben supportato dall’attitudine quasi hardcore del cantante Davide Arri e dall’esecuzione chirurgica degli altri membri. Peccato solo che le due chitarre vengano spesso sormontate da voce e batteria (problema ricorrente in tutta la giornata) e costringano il pubblico a fare uno sforzo di fantasia per immaginare i riff e gli assoli che non può materialmente ascoltare.

Negli ultimi anni si è fatto un gran parlare dei Fulci, capaci di portare il brutal death metal là dove nessun altro gruppo italiano è mai giunto prima, perlomeno in termini visuali e tematici. Nonostante un paio di recenti innesti nella line-up, il quintetto dimostra una grande capacità di esprimere sia violenza che groove, creando cioè un mutuo scambio di energia con il pubblico che a questi livelli è fondamentale. Ad eccezione di qualche intro di synth oscillante tra Carpenter e Simonetti, lo stile appare totalmente codificato tra i lavori migliori dei veterani Cannibal Corpse e Morbid Angel, talvolta arrivando al limite del cosplay. Alla band va tuttavia riconosciuto il merito innegabile di saper avvicinare al metal estremo anche le generazioni più giovani, che trovano più facile relazionarsi con dischi contemporanei come l’imminente Duck Face Killings (in uscita ad agosto per la prestigiosa 20 Buck Spin), che non ai capolavori pubblicati più di trent’anni fa.

Come accennato in precedenza, da queste parti i Sadist fanno un po’ gli onori di casa, anche perché la storia della band (recentemente raccontata anche nella biografia La Melodia Del Male) è intrecciata su più livelli con il tessuto cittadino, al punto di esserne diventata ormai parte integrante. Alfieri della primissima ondata progressive death metal a livello globale, Tommy Talamanca e Trevor Traverso sono rimasti gli unici membri ufficiali e perciò catalizzano buona parte dell’attenzione. Il primo grazie a dei funambolismi tra chitarra e tastiere che, con il passare degli anni, diventano sempre più ardui e spettacolari, il secondo prendendo il cuore in mano, squarciandosi la gola e portando la platea dalla propria parte con dichiarazioni di appartenenza tutt’altro che inopportune. I turnisti svolgono egregiamente il loro compito senza brillare troppo per mobilità, ma in generale la performance si rivela una delle migliori del festival.

La palma del sound migliore ottenuto sul palco dell’Arena del Mare se l’aggiudicano gli Infected Rain, che asfaltano le orecchie del già ben nutrito pubblico con la loro miscela di metalcore, djent e nu metal. In linea con la proposta estrema delle altre band in cartellone, il quartetto di origine moldava predilige una scaletta incentrata su canzoni intricate e d’impatto, lavorando bene con le basi preregistrate e mettendo in mostra una delle cantanti più popolari tra le ultime generazioni. La conturbante Lena Scissorhands parla un buon italiano e non trova problemi a relazionarsi con la folla, mentre i suoi compagni costituiscono un meccanismo perfettamente oliato in cui brilla la bravissima e bellissima bassista italiana Alice Lane. Forse le luci potevano essere un po’ più presenti, anche perché nel frattempo sono calate le tenebre, tuttavia l’unico gruppo dalle sonorità apertamente moderne in questa rassegna dimostra di aver meritato ampiamente il ruolo di vice-headliner.

Portare uno dei gruppi più importanti in senso assoluto per la musica estrema in una piazza come Genova, tutt’altro che abituata a eventi di tale portata, rappresenta un trionfo a prescindere, tuttavia non sarebbe corretto da parte nostra raccontare che questa sera ogni cosa sia andata nel migliore dei modi. Immaginiamo che i Carcass non ne abbiano particolari colpe, ma per l’intero concerto la chitarra di Nippy Blackford è stata praticamente inaudibile, e dal punto di vista sonoro la band si è sorretta sulla batteria monumentale di Daniel Wilding, sulla fucina di riff & assoli di un Bill Steer in discreta forma e sulla presenza famelica di un Jeff Walker dalla voce sempre più corrosiva e velenosa (anche il suo basso, purtroppo, non pervenuto o quasi). Come accennato, i Fab Four versione grindcore di Liverpool non sembrano proprio accorgersene o dissimulano il fastidio verso i responsabili della zona mixer in maniera esemplare, impegnandosi al 100% e mantenendosi sempre in bilico tra ferocia animalesca e ironia britannica. Parlando della scaletta si può affermare che, ad ormai tre anni di distanza dall’uscita del deludente Torn Arteries, non fosse strettamente necessaria l’inclusione di ben tre canzoni, così come delle due tratte dal controverso Swansong. A far la parte del leone, anche nelle preferenze del pubblico, sono stati i capolavori Heartwork e Necroticism, con una destabilizzante Buried Dreams in apertura di concerto e la doppietta Heartwork/Corporal Jigsore Quandary quando si sta avvicinando la conclusione, infine piacevolmente affidata ad una gemma nascosta come Tools Of The Trade (dall’omonimo EP del 1992).

Senza voler fare troppo i pignoli, la maratona metal del Genova Summer Live va celebrata come un grande successo, con un’ottima cornice di pubblico per quantità e qualità (molti i ragazzi giovani presenti, elemento a dir poco fondamentale) e una sequenza di band inappuntabili per impegno e coinvolgimento.

E agli eterni scontenti che continuano a dire: “A Genova non succede mai niente”, si può solo rispondere: “L’impossibile è stato fatto, per i miracoli ci stiamo attrezzando”.

Emanuele Biani

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