DESTRAGE – la nuova intervista di Rock Hard!
A pochi giorni dalle date di novembre del tour italiano dei Destrage, abbiamo incontrato Matteo Di Gioia.
Chitarrista, compositore e fondatore dell’orgoglio nazionale in campo crossover, il nostro interlocutore ci ha suggerito alcune riflessioni niente affatto banali, soprattutto per una band che fa della modernità la propria bandiera.
Speriamo che questa chiacchierata, su cui ha ovviamente aleggiato una costante ironia, sappia regalarvi un antipasto degli ormai imminenti concerti dei Destrage e farvi conoscere meglio una band che lo merita davvero.
L’anno prossimo i Destrage compiranno 18 anni e diventeranno maggiorenni. Che cosa vi piace ricordare dei vostri esordi? Quali motivazioni vi hanno portato per la prima volta nel mondo della musica?
LoL sì così potranno guidare. E anche bere alcolici e abortire senza l’assenso dei genitori, ma solo in alcuni paesi. Dei nostri esordi ricordiamo con tenerezza quanto eravamo dei babbi, e di come nel mondo della musica ci avesse portato il desiderio di esserlo ancora di più, dando però a tutti l’illusione che lo fossimo molto meno.
Quali erano le vostre influenze originarie e quanto sono cambiate nel tempo? Come descrivereste la musica dei primi Destrage e quella attuale, considerando anche i recenti cambi di formazione?
Nel tempo le nostre influenze sono diventate sempre meno Metal e Metalcore. Crescendo c’è spazio per tanto altro. New jazz & funk, world music, psychedelia, hyper pop, cantautorato, più qualsiasi cosa abbia l’appellativo prog davanti. Come disse il Maestro Morricone, in fondo, esistono solo due generi musicali, la musica bella e la musica brutta. Noi cerchiamo con tutte le nostre forze di ascoltare e di fare la musica bella. Nel nostro caso, che un’idea nasca da un memo vocale, da un piano scordato, da una chitarra o batteria o computer, da un singolo componente o da tutti i membri schiacciati fisicamente in una stanza o collegati a distanza, un’idea è un’idea. Se è un’idea che secondo noi vale, verrà trasformata in qualcosa che, sempre secondo noi, valga la pena di essere ascoltato.
Come si è evoluto il vostro processo creativo?
Negli anni il nostro processo creativo è cambiato nei mezzi ma non nel fine. L’obbiettivo è sempre stato quello di creare quella musica di cui sentivamo la mancanza nel mondo. D’altronde, se quella musica non c’è ma tu la vuoi ascoltare, non ti resta altro che farla.
Ipotizzando di poter usare un budget illimitato, con quale artista vi piacerebbe di più collaborare? Se poteste aprire un tour mondiale di un vostro idolo, chi sarebbe?
Collaborazione da sogno con Donald Glover aka Childish Gambino, spalleggiata da sogno aprire per Beck.
Di che cosa vi occupate in questo momento, al di fuori della carriera musicale? C’è stato un momento in cui avete sentito che poteva mancare davvero poco per vivere di musica?
Ci sono stati momenti in cui abbiamo sentito che sarebbe bastato poco per fare la fame con la musica. Visto che invece a tutti noi piace mangiare, abbiamo deciso di portare avanti le nostre carriere parallele a Destrage, in modo da mantenere integra la dimensione musicale del progetto mentre qualcos’altro, di esterno alla band, potesse occuparsi di mantenerne vivi i componenti. La musica per me è arte, e l’arte non va intaccata. Questa decisione ci ha permesso ad esempio di non dover lesinare sul budget destinato al mix di un disco per dover pagare delle stronze bollette della luce di casa, o di dover accettare di scendere a compromessi ignobili. Trovandoci tutti d’accordo su questo aspetto fondamentale, in quasi un ventennio di amicizia e collaborazione non abbiamo mai dovuto discutere né litigare per piccole bassezze utilitaristiche.
Qual è il posto più strano in cui vi siete esibiti? In quali generi di struttura preferite suonare e in quali vi sentite dei pesci fuor d’acqua?
Siamo stati in container, scuole, centri sociali, teatri, venue, club, mega palchi all’aperto, sale liberty di fine ‘800. Un posto è un posto. Se funzionano i cavi, noi suoniamo.
Come vi state preparando ai diversi concerti italiani in arrivo? Qual è la vostra canzone preferita quando suonate dal vivo?
Per i concerti in Italia porteremo la scaletta del tour Europeo aggiungendo qualche chicca. La mia canzone preferita per le mani è Italian Boi, per i piedi, Purania.
Come pensate che Internet abbia influenzato il business della musica? Avete mai pensato che negli anni Novanta una band intimamente crossover come i Destrage avrebbe potuto raccogliere molto di più in termini di vendite fisiche e relativi guadagni?
Ho di recente guardato una docu-fiction Svedese che si chiama The Playlist, di cui consiglio la visione. Parla del pre e del post Spotify. Può far seguito al documentario The Pirate Bay Away from Keyboard, anch’esso prodotto in Svezia anni fa. Sono sempre stato interessato al fenomeno della diffusione musicale e dal suo andamento altalenante tra pirateria e new business model, dal suo binomio contrastante di rivoluzione democratica Vs furto culturale. Vivevo a Stoccolma quando Spotify nasceva e il partito dei Pirati faceva i comizi, e i Destrage sono nati proprio nel mezzo di questo Far West dell’industria musicale, quindi non conoscono direttamente le alternative a questo status quo. Dopo tanti anni il mio punto di vista è che il P2P sia stato una meta tecnologica, la pirateria un passaggio conseguentemente inevitabile, e che lo streaming legale sul modello Spotify e affini abbia messo una toppa sull’emorragia, che però è riuscita a salvare dal disastro solo l’industria a discapito degli artisti. In una scala di vantaggi, direi che il pubblico ci ha guadagnato, l’industria se l’è cavata con pochi morti, i musicisti invece sono diventati quasi tutti dopolavoristi. Questo è il quadro. Con tutte le sue conseguenze e derive. Mi dispiace dirlo, ma sono convinto che la drammatica situazione culturale e politica in cui ci troviamo è in parte dovuta all’impoverimento della musica, nella sua anima e nel suo corpo. La soluzione per me? Se il modello di business legato alla musica è invalidante – e irrinunciabile – per gli artisti, bisogna trovare metodi alternativi o integrativi per mantenere in vita la musica. Si spendono tanti soldi in armamenti e condoni fiscali e altri abomini che fanno retrocedere la comunità umana. Sono energie che andrebbero spese per andare avanti anziché indietro. La musica è un motore sociale e un artista deve potersi dedicare alla propria arte senza essere costretto a sporcarsi l’anima con un mestiere parallelo (o due o tre, di questi tempi) che lo inchiodi a terra. Non serve neanche sbattersi a inventarselo questo modello, basta seguire i paesi che già applicano un criterio di assistenzialismo culturale, come la Svezia e altri paesi di stampo socialista del Nord. Ora vedremo se i neonazisti svedesi attualmente al governo riusciranno ad oscurare anche questa luce. In Italia credo che continueranno a dare la priorità a visioni che disseminano la paura e fomentano l’odio. Quindi non la vedo succedere questa cosa che tanto vorrei. Spero che in fondo a questo Medioevo ci sarà un nuovo Rinascimento. Se ci sarà, mi prenoto ora. Sarò Michelangelo, banda arancione, pizza e nunchacku.
Qual è il guaio più grosso in cui vi siete cacciati come band? Qual è, invece, il miglior consiglio che vi sia mai stato dato?
Siamo dei buoni quindi abbiamo sempre scampato risse o rotture di cazzo affini. Se devo pensare a un episodio spiacevole, ci hanno hackerato il profilo instagram. Una volta per davvero e una volta per finta. Ieri sono stato da una mia amica che a un certo punto ha tirato fuori una scacchiera di Dragonball. Super fangirl come cosa, ma mi ha ricordato che il miglior consiglio ce l’ha dato Goku. Serio. “Si diventa più forti battendo avversari più forti”. Per questo motivo abbiamo sempre scritto musica che noi stessi facevamo – in quel momento – fatica sia a capire che a eseguire.
Se poteste cambiare qualcosa nel settore del music business, che cosa sarebbe? Quali anticorpi avete sviluppato per difendervi dalle insidie del sistema?
Industria e musicisti dovrebbero impegnarsi ad aprire la bocca solo per provare – almeno provare – a dire solo quelle poche e rare cose che valgano la pena di essere dette. Occorrerebbe spostare il focus dal denaro facile e dai numeri vuoti, miti che scatenano la voglia di produrre tutto l’inquinamento acustico che ci subissa e ci instupidisce, abituandoci alla merda e rendendoci voraci e avidi. Dico sempre che dai forza, con un cucchiaino di merda a testa si finisce il barile, ma mi sbaglio. La merda è l’unica cosa al mondo che se ci pensate, non finisce mai.
Al di là delle grandi capacità tecniche e creative che tutti vi riconoscono, avete anche altri talenti, magari totalmente inutili dal punto di vista musicale?
So che non serve a niente ma mi vanto di saper fare delle scorregge olimpiche. Tonanti, modulate, prolungate, ma soprattutto inodori. A differenza di quello che ho detto prima sulla musica, che andrebbe prodotta in piccola misura, selezionando e scartando e centellinando e che bisognerebbe farla solo quando ci si sente spinti dal desiderio di fare qualcosa di onesto, che valga il tempo di chi la ascolta, le scorregge vanno fatte a profusione. Anzi, più ne fai e meno puzzano.
Vi capita mai di cantare le vostre canzoni sotto la doccia? Se sì, quali?
No, mai. Che cazzo, dai! Grazie per il vostro tempo!