ROCK THE CASTLE 2022 – 24-25-26 GIUGNO CASTELLO SCALIGERO VILLAFRANCA DI VERONA 

ROCK THE CASTLE 2022  – 24-25-26 GIUGNO CASTELLO SCALIGERO VILLAFRANCA DI VERONA 

ROCK THE CASTLE 2022
24-25-26 GIUGNO
CASTELLO SCALIGERO
VILLAFRANCA DI VERONA 

Senza usare retorica, ma con prove chiare e confermate dopo questa grande esperienza musicale e di vita, possiamo rivelare che i concerti sono mancati a tutti, soprattutto a chi fa del metal una ragione di vita.
Il “live” è una occasione di aggregazione più unica che rara, soprattutto in festival così grandi e ambiziosi come il Rock The Castle, che torna finalmente quest’anno con tre giornate decisamente ad alto voltaggio – erano quattro ma la rinuncia degli Avenged Sevenfold ha fatto saltare la prima data, quella del 23 giugno e decisamente la più “alternativa” – e con nomi altisonanti più qualche piccola chicca tutta da ascoltare e vedere.
Se la giornata di venerdì 24 era certamente la più “oscura e dannata” e quella del 26 un’apoteosi di suoni estremi, il sottoscritto è stato testimone del giorno “classic metal e affini” che si è manifestato sabato 25 giugno.
Con qualche piccola digressione poetica, grazie ai tostissimi Exciter – coloro che inventarono lo speed metal e diedero un senso al power trio con un cantante e batterista assolutamente animalesco e fragoroso come Dan Bielher – e con uno struggente spettacolo di addio alle scene dato da una band leggendaria decisamente più “classic rock” come gli UFO.
Scelgo perciò di raccontarvi le gesta di Skanners e Girlschool, interpreti dei due show iniziali che hanno scaldato un pubblico decisamente già su di giri e pronto a fare festa per tutto il giorno. (ANTONINO BLESI)

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SKANNERS – 25/06/2022

Non si possono definire una “sorpresa”, ma il fatto di aver pubblicato nuovi dischi molto di rado negli ultimi anni probabilmente li ha penalizzati e resi difficili da “conoscere”.
Basterebbe andarsi a leggere i numerosi commenti di metallari che non conoscevano la band di Bolzano, ma sono rimasti sotterrati dalla loro prestazione odierna.
I cinque “eterni ragazzi” non potevano perdere questa grande occasione, in un festival dove ritrovavano antiche compagne di tour come le Girlschool e i loro grandi miti e ispiratori Judas Priest.

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Il chitarrista Fabio Tenca e il cantante Claudio Pisoni sapevano di non poter sbagliare e si sono confermati assolutamente impeccabili e analogicamente deflagranti.
Un suono tagliente e roboante assolutamente degno dei successivi spettacoli, forse superiore anche ad alcuni – come i solidissimi Saxon, purtroppo un po’ deficitari in tal senso, ma con una energia immortale – che non ha fatto prigionieri e ha proiettato il gruppo verso un nuovo e radioso futuro.

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Speriamo di rivederli presto in nuovi spettacoli dal vivo e di ascoltare un album inedito a bissare il pur buono Temptation del 2019.
Parliamo di una band che quest’anno compie 40 anni di attività, che ha pubblicato sette dischi in studio e aperto per concerti di Motörhead, Saxon, Dio, Twisted Sister e Helloween.
Il loro posto in questo contesto spetta loro come un prezioso riconoscimento ma meriterebbero molto di più, e per fortuna molti erano presenti per poterli riscoprire. (ANTONINO BLESI)

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GIRLSCHOOL – 25/06/2022

Se uno dei miti e temi ricorrenti in questa giornata sono stati i Judas Priest, entità sonora che ha ispirato migliaia di band e grandi artisti come appunto Skanners ma anche i ritrovati e clamorosi Exciter, intorno al Rock The Castle abbiamo percepito piccoli e affettuosi frammenti di quella leggenda chiamata Lemmy Kilmister.
Manca a tutti, come anche ai suoi numerosissimi compagni di ispirazione e di viaggio.

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E continua a vivere attraverso le infinite magliette dedicate ai Motörhead e portate con orgoglio dai fans e dai musicisti, dalle cover generosamente suonate dalle band presenti al festival e dall’entusiasmo che viene sempre dimostrato quando viene ricordato e celebrato.
Le Girlschool sono state una parte importante della sua vita artistica ma sanno certamente stare in piedi da sole, grazie ad una carriera nata del 1977 e portata avanti tra perdite, difficoltà e grande energia rock’n’roll.
La loro versione “2022” è consolidata e guidata da due fondatrici originali come la cantante e chitarrista Kim McAuliffe e la batterista Denise Dufort, che ci danno giù dentro con foga e grande passione.

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Le “ragazze” sono certamente poco interessate alla precisione stilistica o strumentale, ma molto impattanti nel loro classico sound tra rock selvaggio ed un pizzico di punk a là Ramones.
Tra gli immancabili classici ed estratti dall’ultimo disco Guilty as Sin (datato 2015, ma sembra stiano lavorando ad un nuovo lavoro), non ci siamo annoiati ma nemmeno entusiasmati alla follia. Per me la prestazione più sottotono della giornata, ma siamo ancora su un livello decisamente rispettabile. (ANTONINO BLESI)

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GRAND MAGUS – 24/06/2022

Massicci ed agguerriti, i Grand Magus salgono sul palco pronti alla battaglia, ma durante i primi minuti dello show qualcosa non va.
La chitarra di JB infatti, fa i capricci durante l’esecuzione di I, The Jury, il pezzo di apertura. Nulla di grave per fortuna, già dal capitolo successivo, Sword Of The Ocean, il trio svedese riprende a suonare al cento per cento della sua forza combattiva e finalmente i suoni vengono fuori come si deve.

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Sul palco i Gran Magus non si muovono eccessivamente, ma solo la loro presenza trasuda carisma, amplificato ulteriormente dalle melodie maestose del loro heavy metal, semplice e diretto, ma altrettanto efficace.
Questo show è la dimostrazione che suonare la nostra musica preferita non servono chissà quali giochi di prestigio con gli strumenti, l’importante è avere le idee ben chiare su cosa fare, l’essenzialità porta in questo caso ottimi risultati.
Diversi grandi classici vengono sparati a tutto volume uno dietro l’altro, da Raven Guide Our Way alla sempreverde Steel Vs Steel, un pezzo dai riff figli dei Judas Priest che esplode in un ritornello orecchiabile cantato a squarciagola da tutti i presenti nelle prime file sotto il palco.

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Stesso trattamento viene riservato per Iron Will, altra bordata di metallo epico e battagliero costruita su ritmiche quadrate e rocciose comandate dalla epica voce di un JB in grande forma.
Hammer Of The North chiude un concerto purtroppo breve, ma decisamente intenso, il terzetto svedese ha scaldato a dovere il cuore del pubblico nella parte iniziale di una giornata che continuerà fino alla fine a regalare grandi emozioni. (ANDREA RAFFALDINI)

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UFO – 25/06/2022

Gli UFO stanno tenendo il loro tour di addio dopo quasi cinquantacinque anni di grande musica.
Sappiamo bene che nel mondo della musica un addio spesso e volentieri è solo un arrivederci, ma cerchiamo di goderci lo show della formazione inglese come se fosse davvero l’ultimo.
La band si scalda con Fighting Man e Only You Can Rock Me, Phil Mogg non fa i fuochi artificiali con la voce, ma il suo carisma è un qualcosa di magnetico.

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Vinnie Moore non manca di dimostrare tutto il suo talento e la classe con cui riesce a tirar fuori vera magia dalla chitarra.
Il concerto va in crescendo soprattutto per la scelta di racchiudere nella seconda parte tutti i capolavori immortali firmati UFO, dall’accoppiata Rock Bottom e Lights Out che hanno scatenato il delirio sotto al palco.
Seguono a ruota la leggendaria Doctor Doctor, un inno, una canzone che ha estasiato tante generazioni di rockettari.

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A sancire la fine dello spettacolo ci pensa Shoot Shoot, un ultimo salto negli anni Settanta e nell’era d’oro dell’hard rock inglese.
Chi scrive ha visto concerti migliori da parte del gruppo negli anni passati, eppure diamo loro atto di averci dato un ultimo saluto degno di una carriera lunghissima che, come tutte le belle storie, sta volgendo al termine. Grazie e lunga vita agli UFO! (ANDREA RAFFALDINI)

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SAXON – 25/06/2022

Mai i Saxon hanno sbagliato un concerto, e qui a Villafranca hanno dimostrato per l’ennesima volta di essere una vera forza della natura:, indomabile, devastante, potente come un caterpillar ed incapace di lasciare superstiti dopo il suo passaggio.
Al Rock The Castle Biff Byford senza perdere tempo attacca a tutta velocità con Motorcycle Man e Thunderbolt, la title track del loro ultimo disco, due cannonate che centrano in pieno lo stomaco di tutto il pubblico di Villafranca.

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Con tutto il rispetto possibile per chi li ha preceduti nella giornata, i Saxon suonano ad un livello superiore, potrebbero benissimo essere gli headliner e, se avessero potuto godere degli stessi suoni e volumi dedicati ai Judas Priest, molto probabilmente si sarebbero aggiudicati la medaglia d’oro.
Il sempreverde Biff, nonostante i recenti acciacchi, canta che è un piacere, supportato da una sezione ritmica impressionante in grado di erigere un muro sonoro indistruttibile.

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Il concerto della band inglese è quasi tutto incentrato sui grandi classici del passato, dall’anthemica Wheels Of Steel alla dinamitarda Heavy Metal Thunder, tutte eseguite senza sbagliare una virgola.
C’è spazio anche per alcune chicche come Dogs Of War e la più melodica Broken Heroes, ma alla fine nulla può battere le imprescindibili Denim And Leather, 747 (Strangers In The Night) o la conclusiva Princess Of The Night.

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Anche dalle retrovie, durante il sacro momento di ricarica bevande, la botta dei Saxon arrivava diretta in faccia a piena potenza.
Un concerto perfetto, magnifico, all’insegna della pura energia che ci ha fatto riassaporare il sound della frangia più classica NWOBHM al suo massimo splendore. (ANDREA RAFFALDINI)

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KREATOR – 26/06/2022

L’ingresso di Mille Petrozza sul palco del Rock The Castle riceve un caloroso supporto, urla e applausi da parte dei presenti ed i Kreator ringraziano a modo loro, con tanto thrash metal, attitudine e sana “ignoranza”!
Violent Revolution e la nuovissima Hate Uber Alles mettono subito in chiaro che le icone del thrash tedesco non hanno tanta voglia di scherzare, ma picchiano come forsennati a tutto volume, con il pubblico che canta insieme a loro.
Segue subito Phobia, brano iconico del gruppo, che scatena sano headbanging grazie al suo incalzare veloce e rabbioso.
I musicisti sono in gran forma, Mille Petrozza si conferma un ottimo frontman ed intrattenitore ed anche i suoi colleghi cercano di coinvolgere il pubblico in ogni modo possibile.
Musica più carisma sul palco è un connubio perfetto, durante il concerto si alternano brani recenti (Strongest Of The Strong) ai classiconi come Flag Of Hate, Enemy Of God e l’imprescindibile Pleasure To Kill, probabilmente il pezzo più famoso e conosciuto di casa Kreator, il tutto senza la minima incertezza.
Anche il “vecchio” Ventor dietro alle pelli non ha lesinato energie offrendo una prestazione di pura potenza e velocità.
Mille ed i suoi compagni di ventura hanno dato vita ad uno show di prima qualità, creando sicuramente qualche difficoltà ai Mastodon, i successivi a calcare lo stage. D
’altronde, dopo undici brani thrash suonati con tanta e tale intensità, chiunque avrebbe qualche problema a salire sul palco dopo gli schiacciasassi teutonici. (ANDREA RAFFALDINI)

VENOM – 24/06/2022

La band di Cronos è su di giri e infatti attaccano con una versione bruciante di Black Metal.
Non c’è molto da dire sui Venom, se non che il loro heavy metal rozzo ibridato col punk e il rock n’ roll più selvaggio è l’ideale per scatenarsi sotto palco.

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Chiaramente a far la parte del leone sono i classici presi principalmente da Welcome to Hell e già Black Metal tutti suonati con attitudine stradaiola e volutamente casinista, da veri proletari.
Cronos, nonostante gli anni, è ancora un instancabile animale da palco indomabile e sa come aizzare la folla tra cori e incitazioni.

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Ma a colpire duro è la compattezza della sezione ritmica portata avanti come un treno impazzito da Danté a colpi di doppia cassa,up- tempos e furiose rullate che danno alla musica un tocco ancora più spinto di quanto già non siano.
Lo show procede compatto e potente e, nonostante i volumi piuttosto bassi considerando la natura rumorosa dei Venom, ci si può ritenere più che soddisfatti. (STEFANO PAPARESTA)

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BLIND GUARDIAN – 24/06/2022

L’esibizione dei Blind Guardian è il classico esempio di metal karaoke.
Per l’occasione i power metaller tedeschi suonano per intero il classico Somewhere far Beyond e il pubblico risponde cantando a memoria con grande coinvolgimento emotivo ogni singola strofa e ritornello.

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Il cambio atmosfera rispetto ai più tetri Venom è evidente, tanto che per ironia della sorte il tempo torna a farsi soleggiato dopo la breve, ma tutt’altro fastidiosa pioggia che ha rinfrescato il bollente pomeriggio del primo giorno di kermesse musicale.
In ogni caso, comunque, Hansi Kursch come prendere in mano il pubblico coinvolgendolo continuamente, si prodiga in lodi per la location in continuazione ed è molto loquace tra un pezzo e l’altro, ma soprattutto è in forma smagliante e mette una grande energia quando canta con il suo caratteristico timbro graffiante e un po’ sporco.

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Allo stesso modo la performance della band a livello strumentale è priva di sbavature ed è praticamente possibile trovare errori o sbavature di qualsiasi tipo.
I Blind Guardian sono una certezza e offrono una prestazione maiuscola, muscolare e perfettamente oliata dimostrandosi dei veri mattatori nonché una delle più grandi realtà del genere d’appartenenza.

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Brani come Journey Through the Dark, Theater of Pain e l’immancabile The Bard’s Song vengono accolte dal pubblico in visibilio e ancora oggi sono brani estremamente validi e coinvolgenti che non hanno perso affatto smalto nonostante siano usciti trent’anni orsono.
È stato un concerto altamente spettacolare, schietto e sincero chiuso nel migliore dei modi con i due anthem manifesto della band Mirror Mirror e Valhalla risalenti all’epoca d’oro dei tedeschi che ha innalzato non poco l’asticella della qualità musicale delle band alternatesi sul palco. (STEFANO PAPARESTA)

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MASTODON – 26/06/2022

I concerti sono alchimie dove più elementi devono essere sapientemente dosati, ricette che ripetute nel tempo si possono migliorare ma che per diversi motivi possono risultare sempre deludenti in una maniera o nell’altra.
Prendiamo il caso dei Mastodon, un gruppo reduce dal trionfale Hushed And Grim, album acclamato da molti come fra i migliori dell’anno passato.
In teoria un trionfo annunciato quello che si prospetta sul palco per il gruppo di Troy Sanders, Brann Daylor, Bill Kelliher e Brent Hinds, suffragato dalla scelta di includere sei brani dall’album appena citato su una scaletta di undici pezzi e con il centro della scena a favore del tastierista Joao Nogueira.
E sembrava che negli ultimi tempi le voci fossero migliorate (connubio non facile da mantenere su alti livelli), contribuendo ad una pasta sonora migliore per i Mastodon. Ma qualcosa, stavolta, non ha funzionato.
La dimensione più progressive e ragionata è difficile da rendere in un festival, specie se i volumi sono sparati a mille e vanno ad interferire su di un equilibrio precario mandando parecchi sforzi esecutivi in fumo.
Brani come Pushing The Tides e Teardrinker suonano al di sotto del proprio potenziale ed allora meglio buttarsi su Crystal Skull, Megalodon o Blood And Thunder per recuperare un po’ dell’energia primigenia del gruppo che oggi si è rivelato sì in grado di condurre uno show di alto livello ma forse ancora in carenza di ossigeno sulla media distanza.
Condizioni climatiche proibitive, volumi, dimensione non ideale le principali cause del mancato piatto perfetto che vede i Mastodon autori di una performance più che convincente ma che dall’altra parte lascia un filo di amaro in bocca per le premesse. (FABIO MESCHIARI)

EXCITER – 25/06/2022

Suonano in tre, ma fanno casino per cento.
Un power trio incazzato, sguaiato e rodatissimo che da spettacolo basandosi solamente sulle canzoni e l’attitudine grezza e verace old school.

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A far da padrone ci pensa ovviamente l’iconico Dan Beehler, che canta, o per meglio dire ruggisce al microfono, mentre pesta la batteria come un ossesso.
Gli Exciter conoscono solo due tempi e su questo ci scrivono le canzoni: o si lanciando a tutta velocità con la doppia cassa indemoniata, oppure rallentano producendo anthemici mid-tempos con riff arrembanti che fan fischiare le orecchie.

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Non c’è alcun tipo di coreografia sul palco, solo i tre musicisti che riempiono lo spazio muovendosi da un capo all’altro delle assi di legno mentre suonano o unendosi a Beehler per i cafonissimi cori, per tutto il resto c’è solo urgenza espressiva. I canadesi propongono una scaletta più che valida e che pesca dai primi quattro album del gruppo, privilegiando ovviamente il fondamentale Heavy Metal Maniac con ben cinque pezzi in totale.

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Ma va bene così, anche perché questi inni da hooligan non hanno perso un’oncia della propria potenza e causticità e ancora oggi fanno scatenare a dovere il pubblico tra cori e tanto pogo, headbanging e crowdsurfing.
Contro i logorio della vita moderna, gli Exciter sono una certezza! (STEFANO PAPARESTA)

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JUDAS PRIEST – 25/06/2022

Il concerto dei Judas Priest è probabilmente la migliore esibizione di tutti i tre giorni alla pari coi Mercyful Fate.
La scaletta dei nostri è quella dei sogni che rappresenta al meglio l’enorme eredità musicale ed il percorso del gruppo nel corso dei cinquant’anni di carriera.

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Aprire il concerto con One Shot At Glory lascia presagire fuochi e fiamme e infatti, se escludiamo la recente Lightning to Strike dall’ultimo Firepower, i Judas Priest propongono solamente classici uno dietro l’altro, suonando con una grande foga che lascia intendere che lo stop forzato degli ultimi due anni abbia lasciato alla band un desiderio represso di suonare dal vivo.
Al di là della professionalità e nell’impeccabile precisione esecutiva, è evidente la voglia dei Priest di dare il 100%.

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In particolare non si può non rimanere a bocca aperta nell’ascoltare Rob Halford vestito di pelle da testa ai piedi che, nonostante i settant’anni suonati (letteralmente),  riesce ancora a modulare la voce in mille modi diversi passando agilmente dai toni baritonali agli scream altissimi in una performance da pelle d’oca durante The Sentinel, A Touch of Evil e Victim Of Changes, tanto che qualcuno nel pubblico lo ha definito sovrumano.

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Bravissimi anche Andy Sneap e Richie Faulkner, coppia d’asce di lusso perfettamente capace di reggere sulle loro spalle la mai semplice sostituzione di Glenn Tipton e K.K Downing con una prova solida e fedele in tutto e per tutto alle partiture scritte ai tempi da pur rimanendo fedeli nota per nota. (STEFANO PAPARESTA)

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MEGADETH – 25/06/2022

Non poteva esserci chiusura migliore dopo questi tre intensi giorni a base di heavy metal.
La scaletta, molto furba e ben pensata, spazia sui classici ralenti alle varie epoche della band e viaggia in bilico tra passato e presente proponendo tre brani da Dystopia oltre ai cavalli di battaglia come Wake Up Dead, In My Darkest Hour, Symphony of Destruction, Holy Wars e inserendo pure una rarità come Angry Again.
Al solito l’approccio dei Megadeth privilegia la musica evitando di perdersi in chiacchIere e privilegiando un’esecuzione tanto precisa e tecnicamente impegnativa quanto efferata nei momenti più veloci e aggressivi.
Dave Mustaine attira l’attenzione del pubblico su di sé sin dall’ingresso sulle note di Hangar 18 e di fatto domina la scena sia dietro al microfono sia, a maggior ragione, quando si lancia nei lunghi ed intricati passaggi strumentali alternandosi con Kiko Loureiro.
I due infatti si scambiano in perfetta sincronia il centro della scena nei rispettivi assoli portandosi ora sul proscenio, ora sul fondo del palco in prossimità del muro di amplificatori Marshall posti a scenografia.
Dal punto di vista vocale Mustaine appare abbastanza in forma e certamente la scaletta breve lo ha aiutato a rendere meglio sulle canzoni proposte senza affaticare la voce.
Nel complesso è tutto molto bello, preciso al secondo e rodato al punto tale che, a mente fredda, dei tre headliner in cartellone i Megadeth sono stati quelli con la performance di maggior mestiere.
La scaletta infatti è davvero risicata per una band di questo calibro e difatti dura appena un’ora e quarto. Sarebbe stato bello poter sentire qualche classico in più in aggiunta ai brani proposti e magari qualche variazione in scaletta o ma d’altronde un bel gioco dura poco, almeno nella testa di Dave Mustaine.

SADIST – 24/06/2022

Non è di certo facile essere il primo gruppo in assoluto, quello che apre la tre giorni musicale del Rock The Castle, motivo per cui serve qualcuno che abbia esperienza e sia in grado di catalizzare l’attenzione del pubblico.
I presenti si accalcano sotto al palco quando Trevor e Tommy, cuore e motore dei Sadist, salgono sul palco ed attaccano con Accabadora, primo brano dall’ultimo Firescorched.

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I suoni sono già ben delineati e di sicuro la carica del nerboruto cantante che aizza continuamente gli ascoltatori aiuta a creare un’atmosfera azzeccata.
Solo cinque brani per i genovesi, ma nel poco spazio a loro disposizione si nota, anche se non c’era bisogno di conferme, quanto la band ci metta il cuore in ciò che fa.

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One Thousand Memories, The Lonely Mountain, Season In Silence e la conclusiva Tribe sanciscono un vero e proprio plebiscito per i Sadist, veramente “in palla” e capaci di trascinare grazie al proprio metal tecnico.
Un piacere ritrovarli, dopo le ultime vicissitudini, con nota particolare per Davide e Giorgio (rispettivamente al basso ed alla batteria), due giovani musicisti session che fanno il loro dovere in maniera egregia. E se l’inizio è così… (FABIO MESCHIARI)

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DEATH SS – 24/06/2022

Un gruppo che non ha di certo bisogno di presentazioni, amato in lungo ed in largo per il mondo grazie alla scelta di portare l’horror cinematografico anche sul palco.
Ed ecco che è subito odore di zolfo coi nostrani Death SS.

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Cosa dire? Certo, suonare in fascia pomeridiana non riesce a creare la giusta atmosfera per lo spettacolo oscuro e grandguignolesco messo in scena da Steve Sylvester e soci, ma una scaletta come quella di oggi non può che essere apprezzata nonostante qualche assenza importante.
Brani come Zombie, Horrible Eyes e Kings Of Evil riescono a mantenere intatta una magia (nera) sinistra che si perpetra da parecchi lustri ed una formazione come quella sul palco oggi riesce a rendere nella giusta maniera rispettandone allo stesso tempo la storicità.

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Da segnalare l’armamentario di croci, fumo ed effetti pirotecnici così come la presenza di due discinte sacerdotesse del Culto, anche se la versione “diavoletta birichina” strappa qualche sorriso di troppo. Ma forse è giusto così ed è proprio questo il momento di non essere troppo seriosi, nemmeno quando si scomodano oscure entità. (FABIO MESCHIARI)

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SUICIDAL TENDENCIES – 26/06/2022

Cos’è l’hardcore? Un modo di suonare? Un modo di vivere? Entrambi?
A lungo si è disquisito su queste domanda e sulle risposte appena menzionate. Cosa diventa l’hardcore quando si imbastardisce col metal e gli si da quel tocco tamarro che piace poi a tutti?
I Suicidal Tendencies in questo caso sono la risposta a quest’ultima domanda. Bello vedere che ancora parecchia gente segue Mike Muir e soci ed oggi è proprio una festa per il gruppo e per i propri fan (lo testimoniano anche le molte maglie con impresso il nome del gruppo).
Ed allora via con una scaletta che pesca dal grande passato dei cycos, a partire dall’iniziale You Can’t Bring Me Down (purtroppo segnata da qualche problema audio sulla chitarra solista) e prosegue con brani quali Send Me Your Money e War Inside My Head.
Mike Muir si presenta sul palco in sordina, vuole sembrare agli occhi del pubblico quasi intimorito ma poi si scatena e non si risparmia fra movimenti di braccia e gambe, corse continue in lungo ed in largo così come fanno gli altri membri del gruppo.
How Will I Laugh Tomorrow e Pledge Your Allegiance chiudono in maniera grandiosa un live energico e soprattutto genuino, con la classica invasione di palco ad opera di buona parte delle prime file che si cimenta in cori fianco a fianco col gruppo.
Ha ancora senso un gruppo come questo? Sì, perché attraversa le epoche musicali in maniera quasi commovente ed a testimonianza di questo basti ricordare che al basso ora c’è Tye Trujillo, figlio di quel Rob -ora nei Metallica- che anni addietro suonò egli stesso nei Suicidal Tendencies. Famiglia fino in fondo. (FABIO MESCHIARI)

MERCYFUL FATE – 24/06/2022

Tra le mura del Castello Scaligero, location suggestiva che ben si attaglia all’atmosfera dell’evento, fanno gradito ritorno sui palchi italiani gli immortali Mercyful Fate, assenti, da più di vent’anni, dalle scene.
Sembrava ormai remota, purtroppo, le possibilità di rivedere ancora una volta in azione la storica formazione danese, capitanata dal carismatico ed inossidabile King Diamond; la carriera solista del mefistofelico cantante, unitamente a problemi di salute dello stesso, sembravano aver relegato all’oblio il nome della band, che riviveva soltanto nei ricordi dei fan più incrollabili.

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Tre anni fa, invece, il tanto atteso ritorno, cui ha fatto seguito, purtroppo, la dipartita di Timi G. Hansen, primo, storico bassista del gruppo.
L’attesa, divenuta spasmodica, è stata però tarpata dal sopraggiungere della pandemia, che ha procrastinato, per ben due anni, la discesa in terra italica del Destino Misericordioso.
Ora, finalmente, i tempi sono propizi per il ritorno in pista dei Nostri, che giungono in Italia dopo alcune date in giro per l’Europa, ottimamente accolte dal pubblico.

MERCYFUL FATE2

La scaletta, incentrata sul materiale degli ’80, ha stimolato ulteriormente l’attenzione di estimatori e curiosi, come ampiamente dimostrato nella data di Villafranca di Verona, dove numerosi spettatori, terminata l’esibizione dei Blind Guardian, erano già assiepati a ridosso delle transenne, in attesa dello scoccare delle ore 22:00.
Un gigantesco banner, recante il logo del quintetto, ha celato alla vista dei presenti la preparazione del palco, che si è protratta leggermente oltre i tempi previsti, alimentando il disappunto di alcuni fan particolarmente impazienti.
Alle ventidue inoltrate, finalmente, si è palesata agli occhi dei presenti la scenografia, costituita da due gradinate laterali sormontate dal capro di Mendes, collocato sulla parete frontale di un vano utilizzato per cambi di copricapo e vestiario.

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Al di sopra del palco, infine, è presente una croce rovesciata illuminata e, sullo sfondo, immagini che riproducono principalmente le copertine dei vecchi album.
Il caratteristico intro preannuncia l’esecuzione di The Oath, mentre la band prende posizione sul palco: Hank Shermann sul lato sinistro, Joey Vera, seguito da Mike Wead, sul lato opposto.
La figura misteriosa di King Diamond, invece, si staglia dall’alto, abbigliato di rosso e sormontato da uno di quegli insoliti copricapi cui farà ricorso durante l’esibizione.

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Le note taglienti della canzone, tratta da Don’t Break The Oath, si abbattono sul pubblico, rivelando subito la solidità della formazione, che non accusa minimamente il peso degli anni.
La line-up è la stessa degli ultimi album in studio, Dead Again e 9 per la precisione, con l’unica eccezione di Joey Vera, il quale, tuttavia, sembra essersi adattato rapidamente al nuovo contesto musicale.
Il frontman danese, dal canto suo, si esprime ancora su ottimi livelli, quasi come se, con l’età, fosse addirittura migliorato; l’interpretazione del Nostro, infatti, sia in falsetto sia con la voce normale, non ha nulla da inviare alle prestazioni del passato.

MERCYFUL FATE5

La scaletta prosegue con un brano inedito, The Jackal Of Salzburg, che la band non ha ancora registrato, né ufficialmente terminato; sorretta da arpeggi lugubri e riff oscuri, che riportano alla mente gli episodi più orrorifici della produzione artistica del gruppo, la canzone è abbastanza lunga e supera gli otto minuti di durata.
Con A Corpse Without Soul, invece, i Mercyful Fate compiono un tuffo nel passato più lontano, nel 1982, anno di pubblicazione dell’EP di debutto, di cui, in autunno, ricorreranno i quarant’anni.
King Diamond, abile intrattenitore, attira su di sé l’attenzione della platea, forte di una vena istrionica che permea ogni singolo scampolo dell’esibizione.

MERCYFUL FATE6

Black Funeral, primo estratto dal seminale Melissa, è un episodio trascinante a cui impossibile rimanere insensibili, a cui segue, subito dopo, la travolgente A Dangerous Meeting, altro cavallo di battaglia del quintetto.
Il batterista Bjarne T. Holme, in forza alla band sia dai tempi di Into The Unknown, si conferma abile esecutore, energico e grintoso, anche se le linee di batteria del mai abbastanza rimpianto Kim Ruzz risultano, in taluni frangenti, leggermente semplificate.
Se Hank Shermann, fermo e quasi impassibile sul palco, scruta il pubblico attraverso gli occhiali da sole, Mike Wead,e soprattutto Joey Vera, sembrano interagire maggiormente con i presenti, lasciando affiorare, quindi, cinque personalità differenti ma assolutamente complementari.

MERCYFUL FATE7

Il concerto prosegue con le melodie strazianti di Melissa, che vedono il frontman, nelle battute iniziali, inginocchiato di fronte al capro di Mendes, con la schiena rivolta al pubblico; il toccante arpeggio e la sofferta interpretazione vocale culminano nel finale emozionante e coinvolgente, proprio come nella versione originale.
È giunto il tempo delle presentazioni, come precisato dallo stesso King Diamond, che menziona, per ultimo, Hank Shermann, musicista eclettico e principale compositore del gruppo, il quale introduce le prime note di chitarra di Doomed By The Living Dead, uno degli episodi più intensi di tutto lo show, dove il cantante coinvolge tutto il pubblico nell’interpretazione del ritornello.
Si ritorna, quindi, all’album di debutto, tributato con Curse Of The Pharaohs e, soprattutto, Evil, altro cavallo di battaglia che il Re canta in buona parte insieme ai fan.

MERCYFUL FATE8

L’esibizione, oramai, sta per giungere al termine, ma non può mancare all’appello un altro classico senza tempo: il frontman, dopo un altro cambio di copricapo, annuncia l’esecuzione di Come To The Sabbath, accolta entusiasticamente dai presenti ed interpretata magistralmente.
I Nostri si ritirano temporaneamente dietro le quinte, mentre il pubblico chiama a gran voce il gruppo per l’immancabile bis; dopo alcuni minuti di attesa, ma che sembrano interminabili, i Mercyful Fate salgono nuovamente sul palco, preceduto dall’ennesimo cambio di copricapo del cantante, il quale, ironicamente, dichiara che vi è tempo solo per una breve ballata romantica.
In realtà, proprio in chiusura, il quintetto si lancia nell’esecuzione di Satan’s Fall, ovvero undici minuti di musica estremamente intricata ed articolata.

MERCYFUL FATE 9

È una scelta oltremodo coraggiosa, dopo oltre un’ora di concerto.
Eppure, King Diamond & Co. non danno minimamente segni di cedimento ed eseguono con classe adamantina una composizione impegnativa che, nonostante la lunga durata, scorre fluidamente.
Si chiude così, nel migliore dei modi, il ritorno in Italia della formazione scandinava, interprete di un’esibizione di ottimo livello, dove le imperfezioni sono solo piccole sbavature che non hanno minimamente inficiato l’eccellenza della prestazione.
Ora, non rimane che attendere la prossima prova in studio, prevista per il 2023. Lunga vita ai Mercyful Fate, lunga vita al Re! (PAOLO SOLA)

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PREGI E DIFETTI DEL ROCK THE CASTLE

Rock The Castle 2022 è stata una vittoria degli organizzatori e del pubblico, con circa ventimila presenze nei tre giorni di festival.
Una location “umana” e piena di verde e di zone dove poter anche rilassarsi e stare in buona compagna, con altre iniziative “verdi” ed ecosostenibili molto apprezzate, come anche la disponibilità gratuita di acqua per tutti.
Alcune regole come quelle sulla permanenza obbligata una volta entrati, oltre ai prezzi del cibo e soprattutto delle bevande francamente esagerati, dovrebbero essere riviste e calmierate per il futuro.
Le premesse rimangono molto promettenti e questa manifestazione si candida come punto di riferimento per chi ama questa musica anche per il 2023.
D’altronde questa atmosfera può manifestarsi solo nel metal e fa parte di una passione che si trasmette tra chi ascolta e chi suona.
Siamo tutti parte della stessa famiglia, ed è stato bello vedere il grande Dan Bielher girare liberamente per la location con dolce disponibilità, concedersi a foto e abbracci con tutti, in una atmosfera del tutto rilassata.
È una magia che succede quando si vive insieme questa musica immortale, che unisce e crea nuove amicizie in pochi minuti, come è successo a tutti noi anche questa volta. (ANTONINO BLESI)

Emanuele Biani

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