THE BLACK – l’intervista integrale a Mario Di Donato
THE BLACK – l’intervista integrale a Mario Di Donato
Parole di Andrea Raffaldini
Mario, il nuovo disco dei The Black s’intitola “Ars Metal Mentis”, che è anche la definizione che tanti anni fa hai dato alla tua musica. Per quale motivo hai scelto di usare questo titolo, è questo un disco che si può vedere come una consacrazione ultima per The Black?
“Sicuramente il mio pensiero per scrivere questo album si è materializzato sull’ars metal mentis di The Black a cui ho sempre creduto tanto da trascurare il progetto Requiem e nel 1988 dare vita a questa oscura creatura che oltre al “metallo dell’anima” accostava un tassello essenziale per me è innamorato dell’arte e della cultura in genere. Volli sperimentare questa fusione che, secondo me, poteva rappresentare la vera cultura heavy doom tricolore, visto che il cantato in latino ci rappresenta in tutto il mondo e le mie composizioni sono tratte, oltre che dal panorama mondiale del genere, soprattutto, dai riferimenti popolari del mio amato Abruzzo con le sue ballate tradizionali antiche delle fiabe incredibili su fantastiche storie di apparizioni malefiche ,di streghe, e di santi che vincono il maligno da sempre nemico degli uomini di tutta la terra. Questo disco vuole essere veramente una consacrazione per The Black, un documento importante che giustifichi tutto il passato della band, che riepiloga in un solo album tutta la cultura che in questi anni ho voluto accostare a un genere estremo quale è il metal per rompere definitivamente le vecchie difficili barriere del rock heavy poco acculturate.”
Mi parli della realizzazione del disco?
“Avevo saputo che gli studi Bess Recording di Montesilvano (Pescara), dove avevo già registrato alcuni album nel passato, avevano rinnovato tutta la strumentazione in modo super professionale con nuove ambientazioni, nuovi filtri e microfoni di alta qualità. Presi accordi con la nostra casa discografica Black Widow il 17 febbraio, decidemmo di registrazione. Eravamo molto preparati, visto che tutti e dieci brani di Ars Metal Mentis erano stati suonati in vari concerti compresi quelli di Parma con Tormentor, di Milano, di Roma e dell’Agglutination. Per i cori di Marius Donati ho pensato di invitare il baritono ortonese Francesco Siciliano, oltre alla voce di Cristiano Medico e la mia; il risultato mi è sembrato molto soddisfacente. Gli ingegneri del suono Domenico Pulsinelli e Claudio Esposito, mi consigliarono di registrare le chitarre con un amplificatore valvolare Fender Twin degli anni ’80 e devo dire che il tutto non mi è proprio dispiaciuto. Un fatto diciamo “fortunato” è stato quello di fare tutte le registrazioni in tempo per il fermo “covid-19”, altrimenti Ars Metal Mentis probabilmente sarebbe uscita fine anno 2020.”
Il processo di realizzazione di Ars Metal Mentis è stato lungo?
“Direi proprio di sì, infatti alcuni brani li avevo scritti già nel 2014, il rimanente dei dieci tra il 2017 e il 2019. Gli arrangiamenti sono stati cambiati diverse volte, anche i testi modificati in continuazione, in modo che il tutto potesse soddisfare la band e soprattutto il nostro forte spirito di credibilità sulla riuscita dell’album, considerando le difficoltà di mercato e la mancanza di concentrazione dei fan irriducibili che non ammettono errori di forti cambiamenti, visto anche l’instabilità sociale di tutto il pianeta, anche se, giustamente, le canzoni rispecchiano sempre un preciso momento dell’anima e del mondo. Con l’ingresso nella band del nuovo bassista, Cristiano Lo Medico, si può facilmente immaginare che tutti i pezzi dell’album e altro, lo abbiamo dovuto risuonare centinaia di volte, aiutati forse dal nostro posto prove ventennale in una casa isolata nelle campagne francavillesi dove fino a tarda notte nessuno degli abitanti poteva sentirci e magari, rabbiosamente maledirci.”
Di che cosa parlano i testi dei nuovi brani?
“Comunque i brani sono dieci e le descrizioni dettagliate sarebbe un’impresa molto lunga. Posso dirti che i titoli riflettono, in linea di massima, il significato dei singoli brani, per esempio in Immota Manet, (questa è la scritta che sta sullo stemma della città dell’Aquila) dedicata al terremoto Aquilano il testo accenna: “per il tuo grande potere (terremoto) hai peccato anche con grandi sacrifici, ma su di noi poi è spuntata anche la luce visibile in viso”. In Museum invece il testo accenna all’arte e alla natura: “in ciò è quasi il limite della natura e dell’arte occultare i suoi segreti”, oppure Lupi Fortes ( riferito ai miei lupi delle montagne abruzzesi) , “tu a ognuno dai perenne speranza luce e splendore a coloro che ti temono come era in principio. F.P. Tosti è un omaggio al musicista più famoso d’Abruzzo.; Cerbero è il cane a tre teste guardiano degli Inferi, Castrum Pesculum è dedicato al vecchio castello medievale del mio paese natale Pescosansonesco. È comprensibile che Ars Metal Mentis non è un disco ma un museo, un passo dell’inferno dantesco, un omaggio al Boccaccio (Decameron), una visione dei forti lupi affamati e pronti a combattere, una forte volontà per far rinascere L’Aquila, e un momento buio per noi poveri terrestri…. (Mala Tempora).”
Il secondo brano del disco è Marius Donati, ovviamente il titolo si riferisce al tuo nome. Puoi parlarmi di questo brano?
“Giustamente hai intuito questa “autocelebrazione” da giustificare soltanto a mio avviso, per la forte credibilità in me stesso soprattutto, nell’arte pittorica dove ho ricevuto onore e gloria in più di 800 esposizioni (anche europee e mondiali). Hanno creato un personaggio incredibile insieme al culto di Mario “The Black”, mi sono così espresso nel testo sottile e profondo appunto dal titolo Marius Donati: “tutto è puro per i puri, a cuore aperto, tutti fremono al soffio della tramontana he arriva direttamente dalle serpi, ma ora ho paura del vuoto”.
Su Decameron invece tratti le famose novelle del Boccaccio o il brano è riferito ad altro? Questo è anche uno dei pezzi più veloci e spinti del disco, heavy metal allo stato puro.
“Decameron, come ho già detto, è dedicato alle novelle del Boccaccio, certo riassumere cento novelle in una canzone non è facile. Ho cercato di dare dei colori diversi a tutto il brano, questo grazie ai continui cambi di tempo della batteria del terremoto Gianluca Bracciale che a tratti danno un senso di martellamento continuo, come sono in parte le storie piccanti e infedeli del famoso scrittore toscano che trovo vero e coraggioso, scrivere in quel modo in tempi così remoti dove la chiesa stessa non perdonava simili licenze. Come tu dici è il pezzo più veloce, più heavy, ma è anche il pezzo psicologicamente più strano e incasinato di tutto l’album. Ecco il testo: “Il sonno è l’immagine della morte, così era scritto nel libro del destino. Il tempo rivela sempre la verità“.
Il pezzo finale del disco, Aternum, mi ha dato invece l’idea che i The Black abbiamo richiamato quel sound figlio del progressive metal in qualche modo. Concordi?
“Sì, sono d’accordo. del resto la musica gira e all’improvviso te la ritrovi davanti. In questo caso noi, The Black, ci siamo ritrovati un organo da brivido che io stesso adoravo in quel tempo, oggi non si parla di accostamenti, ma di musica, musica che può creare sensazioni vicine e lontane e che culmina in questo maestoso contatto universale intriso di pura originalità, un vuoto che non deve e non può mai esistere.”
La copertina è stata realizzata da te? Ci parleresti del suo significato?
“Questo mio quadro ha già causato, in passato, in diverse esposizioni internazionali, polemiche e riflessioni. Secondo me, da cattolico cristiano quale sono, non sono stati bene analizzati dalla gente i particolari del dipinto dal titolo XXI Secolo. Rappresenta tutti i mali del passato e del presente. Si vedono persone indiavolate, ecclesiastici lussuriosi, adoratori di idoli e falsi benefattori che come al solito approfittano delle persone più deboli e indifese; è un inferno terrestre dove gli assassini e i preti pedofili affollano le città corrotte e sgretolate dalla corruzione e dalla prepotenza. Anni fa questo quadro fu esposto al centro di Pescara in un lussuoso negozio, ma dopo pochi giorni il titolare mi chiamò e dovetti togliere immediatamente l’opera esposta per continue contestazioni della gente. Io sapevo comunque che l’arte è la maggiore espressione universale di libertà assoluta.”
Come ricordavamo prima, hai sempre definito la tua musica Ars Et Metal Mentis per coniugare arte e musica insieme. Questa idea ha reso la tua musica molto riconoscibile, ma allo stesso tempo non pensi che pochi altri artisti abbiano seguito questo tuo percorso? In effetti arte visuale, musicale e simbolismo sono una triade che va molto a braccetto.
“L’Ars Metal Mentis di The Black abbraccia oltre all’arte e al metal il cantato in latino; ti posso assicurare che è molto difficile al mondo che un cantante scelga di cantare in latino, anche se in molti album di gruppi metal anche stranieri molti ci ringraziano per essere stati influenzati dal suono dei The Black e la nostra filosofia del doom psicologico e dell’anima che proponiamo. Il fatto di essere in questo momento l’unico gruppo al mondo con il cantato in lingua latina ci stimola ancora di più ad andare avanti, anche se personalmente credo che il nostro Ars metal mentis è sicuramente un nuovo ramo del doom moderno e quindi va sicuramente storicizzato.”
Riprendendo la domanda precedente, il tuo doom metal si differenzia per concettualità dagli stilemi narrativi del genere, non ti sei mai sentito una mosca bianca (o, peggio, un emarginato) di questo genere musicale? Anche solo in Italia i primi Death SS e Paul Chain trattavano questo genere musicale in un’ottica più oscura ed esoterica se vogliamo.
“Ti posso assicurare che il fatto di essere una mosca bianca del doom, non mi dispiace affatto, faccio delle cose personali. Ho usato la lingua latina nei testi in tutti gli album di The Black e ho consegnato alla musica pagine particolari per il genere da molti anni. I miei cari amici, Paolo Catena e Steve Sylvester, in quel periodo facevano esattamente horror metal diciamo molto diverso dai miei Requiem e dai The Black e poi la mia impostazione musicale risente di influenze che vanno dal Beat al rock all’heavy metal; sono comunque due strade, secondo me, completamente diverse come gli stili e il sound trasmessi.”
Su disco appare come ospite Tony Pagliuca, ex componente de Le Orme. Come è nata questa collaborazione e che idea ti sei fatto di lui lavorandoci insieme?
“Grande e onorato ospite, Tony Pagliuca, icona del progressive italiano. Anni fa ho reincontrato Tony nel mio paese, Pescosansonesco, che lui ama molto; in quei giorni lui visitò il santuario e ammirò le mie 46 opere esposte nel luogo sacro che rappresentano la vita di San Nunzio Sulprizio. Poi ci fu il suo concerto, da allora siamo rimasti sempre in contatto finché un giorno gli chiesi se voleva suonare due brani per Ars metal mentis. Presagium apre il disco in modo eccezionale, mentre Aternum (che è il vecchio nome del fiume Pescara) chiude l’album. Io stesso ho voluto questo titolo per ricordargli la sua amata città natale, Pescara. I due brani hanno impreziosito questo ultimo album di The Black che sicuramente sarà ricordato anche per questo.”
All’interno della tua discografia, come poni Ars Metal Mentis?
“Tutti i dischi di The Black per me sono come figli ma ognuno ha il suo fascino e la sua storia, come Capistrani Pugnator dedicata alla famosa statua del guerriero del sesto secolo avanti Cristo ritrovata in Abruzzo, a Capestrano appunto, oppure Gorgoni dal sapore greco romano ma Ars Metal Mentis suona diverso, ha sfumature più profonde e tutti i dieci brani hanno un fascino particolare, forse perché è più mio, più abruzzese, più definito e personale. Forse il più grande lavoro di The Black? Io aspetterò la resa dei conti…”
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Si, sono le ultime parole che in quasi tutte le interviste sono state dette, ma oggi la risposta è più contenuta, considerando i tempi e questo diabolico coronavirus che ci martella e che ferma la musica, che intristisce i ragazzi del metal che vorrebbero suonare e divertirsi come prima, ma la paura è lo Stato fermano tutto ciò per sicurezza e tutela di noi stessi. The Black è un lupo d’Abruzzo, non getterà mai la spugna, ma dovrà fare i conti con qualcosa di invisibile che spero presto finirà. C’è musica da fare, concerti, c’è in uscita il mio secondo libro di poesie, Liriche, edito dalla SG di Marco Refe, una mostra importante e tante altre storie…”