GRETA VAN FLEET – Mantova, Piazza Sordello, domenica 7 luglio 2024: il nostro live report!

GRETA VAN FLEET – Mantova, Piazza Sordello, domenica 7 luglio 2024: il nostro live report!

LIVE LIFE

Greta Van Fleet – Mantova – Piazza Sordello – 07.07.24

Parole di Stefano Cerati
Foto di Silvia Quadrini e Fabrizio Consolini

Mentre in altri lidi del nord si consumavano altri interessanti eventi molto più metal come il Metal Park vicino a Vicenza e anche la presenza dei Carcass a Genova, nel weekend ci sono stati dei concerti che hanno riguardato invece l’hard rock di grande spessore come i Queens of the Stone Age a Milano che hanno attirato ben 18.000 spettatori, ma anche il ritorno in Italia dei Greta Van Fleet che hanno suonato a Mantova per un pubblico complessivo stimato sulle 8.000 persone. Proprio la band del Michigan era attesa a una sorta di prova del fuoco, una prova di maturità perché, dopo essere stata additata come un fenomeno esploso forse troppo in fretta grazie al passaparola della rete, dovevano dimostrare di essere dei musicisti completi e maturati e, non solo come sono stati definiti all’inizio, delle coppie carboni dei Led Zeppelin. Anche se alcune tracce della band inglese si ritrovano ancora nel loro suono soprattutto nel tono della chitarra di Jake Kiszka va altrettanto fatto notare come la timbrica vocale del cantante Joshua Kiszka invece si sia staccata nettamente dal modello plantiano e abbia trovato un proprio range, una propria dimensione espressiva più personale. Quindi ormai la band dei fratelli Kiszka, il terzo è Sam, addetto al basso e alle tastiere, si è lentamente costruita un proprio percorso e una propria personalità ed erano attesi proprio alla prova del fuoco dopo ormai ben quattro album pubblicati nell’arco di sette anni anche se, guardando la scaletta, ci sorprende un po’ notare come dalla setlist sia stato escluso completamente l’album Anthems of The Peaceful Army che è stato in assoluto il loro successo commerciale più grande e quello che ha raggiunto anche la posizione più alta in classifica. Evidentemente la band ha preferito concentrare le sue attenzioni nell’esecuzione di brani da The Battle of the Gardens Gate e soprattutto dell’ultimo album Starcatcher, uscito esattamente un anno fa e per cui sono ancora in tour e per cui stanno ancora facendo promozione. L’album in questione è stato probabilmente la loro opera più riuscita, più matura e non è un caso che abbiano deciso di suonarne ben otto canzoni.

Come detto all’inizio, la band aveva bisogno di trovare un proprio registro espressivo, una propria dimensione e capire che cosa voleva essere e questo è avvenuto perché loro stessi si sono convinti di poter essere una grande band di rock and roll e di hard rock con canzoni fiammeggianti, potenti e concise, ma non per questo devono rinunciare alla loro indole naturale che li porta a lunghe divagazioni in jam a trame psichedeliche e prog, a volte parti strumentali piuttosto insistite e prolungate dove i nostri dimostrano tutta la loro bravura e il loro virtuosismo tecnico. Il concerto è stato corredato da un grande apparato scenico dei fondali dietro il palco e soprattutto dei fuochi che esplodevano spesso corroborando l’idea di grande energia che la band voleva trasmettere sul palco. Il cantante ha deciso di incarnare un proprio personaggio, una specie di folletto dall’aria un po’ efebica e fatata che si può vedere anche dalla sua acconciatura dei capelli e dalla tutina che indossa. Sembra una via di mezzo tra un elfo, un giovane David Bowie oppure un imberbe Freddie Mercury incarnando quelle caratteristiche eteree e sognanti che spesso sono espresse dalla loro musica solo vagamente glam. Invece il chitarrista si presenta con pantaloni rossi a torso nudo con un atteggiamento molto spavaldo, elettrico, fiammeggiante da vero guitar hero e farà di tutto appunto per mantenere le promesse con i suoi riff hard rock di grande fattura. Il concerto inizia con The Falling Sky, pezzo appunto tratto da Starcatcher e quindi c’è subito un urlo stridulo e straziante del cantante che fa pensare che se avesse continuato su questo registro non sarebbe riuscito a arrivare alla fine indenne. Invece poi piano piano la voce trova diversa modulazione, pur continuando negli acuti, riesce a non forzare mai troppo la mano e cerca di inserire linee vocali abbastanza romantiche e madrigalesche nel tessuto delle canzoni. Le canzoni appunto hanno diverse anime, da quella più country a quella più hard rock a quella psichedelica e abbiamo apprezzato in particolare Meeting the Master con il suo inizio arpeggiato acustico molto delicato che ha introdotto invece poi una sezione invece dal sapore più energico e elegiaco. L’elegia in effetti è una cosa che non manca mai nei Greta Van Fleet che sanno come dare groove e intensità emotiva a ogni canzone. Non trascurano neanche i vecchi pezzi con un’esecuzione molto sostenuta, allungata di uno dei loro cavali battaglia che è Highway Tune che è il loro primo successo, quello che li ha fatto conoscere internazionalmente. La canzone viene allungata in medley con Runway Blues e viene prolungata con molte parti chitarristiche veramente dirompenti. Per così dire il secondo set si chiude con un assolo di batteria prolungato che lascia il tempo agli altri musicisti di riprendere un po fiato.

Infatti il terzo set, quello conclusivo prima dei bis, si apre con un altro pezzo da 90 del passato, Black Smoke Rising anche questo dal loro primo EP, una canzone che dimostra il loro talento hard rock spavaldo magari ancora poco rifinito all’epoca ma con riff molto solidi che riescono a catturare l’attenzione molto rapidamente senza indulgere troppo in trame più complesse. Questa invece è la cosa che accade per la canzone che chiude il set, The Archer, che viene annunciata dalla band proprio come un pezzo epico onirico e che infatti si snoda in molte evoluzioni dal sapore prog e si chiede una sezione mesmerizzante e magnetica, che cattura veramente l’attenzione. Nei bis invece troviamo una ballata molto dolce che conquista il pubblico, Light My Love, una canzone appassionata che mostra il lato più romantico della band. Prima di chiudere… opportunamente la canzone che si chiama Farewell for Now, (anche questa estratta da Starcatcher) che appunto significa addio per ora nel senso che sarebbero ritornati, è il modo ideale per congedarsi da un pubblico che non ha lesinato incitamenti e cori per la band e quando possibile si è prodotto in urla entusiaste, cantando i ritornelli che comunque non sono moltissimi. I Greta Van Fleet infatti sono una band dal lungo flusso, una jam band, non sono una band così immediata, nonostante quello che possono avere detto all’inizio,  rock and roll con pezzi da tre minuti e ritornelli facili a cantare. Ci sono anche quelli ma sono in misura minore e non sono la parte principale della loro proposta. Infine vogliamo rassicurare i detrattori della band e gli scettici che i Greta Van Fleet sono in continua a crescita, hanno raggiunto ormai una maturità e un’identità proprie per cui non devono per forza più assomigliare a nessuno e in effetti siamo contenti che adesso possano essere valutati per quello che sono, ovvero una band ancora molto giovane, poliedrica, ricca di energia potente che è in grado di tenere egregiamente il palco senza annoiare per oltre due ore. Infatti il concerto che è iniziato con la intro esattamente alle 21.30 si è concluso poco dopo le 23.35 lasciando il pubblico presente decisamente soddisfatto. Non vediamo l’ora di poterli rivedere magari in una situazione indoor dove i suoni possono essere ancora più nitidi e migliori anche se il volume espresso da piazza Sordello è stato all’altezza delle aspettative soprattutto in considerazione del fatto che si tratta di un centro urbano e quindi non ci saremmo aspettati un volume così potente come invece è stato.

Setlist

The Falling Sky
The Indigo Streak
Caravel
Meeting the Master
Heat Above
Highway Tune
Drum Solo
Black Smoke Rising
Fate of the Faithful
Sacred the Thread
The Archer
Light My Love
Farewell for Now

Emanuele Biani

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